LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri PARADISO Paradiso Canto I La gloria di colui che tutto move per luniverso penetra, e risplende in una parte pi e meno altrove. Nel ciel che pi de la sua luce prende fu io, e vidi cose che ridire n sa n pu chi di l s discende; perch appressando s al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non pu ire. Veramente quant io del regno santo ne la mia mente potei far tesoro, sar ora materia del mio canto. O buono Appollo, a lultimo lavoro fammi del tuo valor s fatto vaso, come dimandi a dar lamato alloro. Infino a qui lun giogo di Parnaso assai mi fu; ma or con amendue mՏ uopo intrar ne laringo rimaso. Entra nel petto mio, e spira tue s come quando Marsa traesti de la vagina de le membra sue. O divina virt, se mi ti presti tanto che lombra del beato regno segnata nel mio capo io manifesti, vedrami al pi del tuo diletto legno venire, e coronarmi de le foglie che la materia e tu mi farai degno. S rade volte, padre, se ne coglie per trunfare o cesare o poeta, colpa e vergogna de lumane voglie, che parturir letizia in su la lieta delfica det dovria la fronda peneia, quando alcun di s asseta. Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si pregher perch Cirra risponda. Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera pi a suo modo tempera e suggella. Fatto avea di l mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era l bianco quello emisperio, e laltra parte nera, quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aguglia s non li saffisse unquanco. E s come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, cos de latto suo, per li occhi infuso ne limagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr uso. Molto licito l, che qui non lece a le nostre virt, merc del loco fatto per proprio de lumana spece. Io nol soffersi molto, n s poco, chio nol vedessi sfavillar dintorno, com ferro che bogliente esce del foco; e di sbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel dun altro sole addorno. Beatrice tutta ne letterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di l s rimote. Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si f Glauco nel gustar de lerba che l f consorto in mar de li altri di. Trasumanar significar per verba non si poria; per lessemplo basti a cui esperenza grazia serba. Si era sol di me quel che creasti novellamente, amor che l ciel governi, tu l sai, che col tuo lume mi levasti. Quando la rota che tu sempiterni desiderato, a s mi fece atteso con larmonia che temperi e discerni, parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso. La novit del suono e l grande lume di lor cagion maccesero un disio mai non sentito di cotanto acume. Ond ella, che vedea me s com io, a quetarmi lanimo commosso, pria chio a dimandar, la bocca aprio e cominci: Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, s che non vedi ci che vedresti se lavessi scosso. Tu non se in terra, s come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu chad esso riedi. Sio fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi, dentro ad un nuovo pi fu inretito e dissi: Gi contento requevi di grande ammirazion; ma ora ammiro com io trascenda questi corpi levi. Ond ella, appresso dun po sospiro, li occhi drizz ver me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro, e cominci: Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo forma che luniverso a Dio fa simigliante. Qui veggion lalte creature lorma de letterno valore, il qual fine al quale fatta la toccata norma. Ne lordine chio dico sono accline tutte nature, per diverse sorti, pi al principio loro e men vicine; onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de lessere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti. Questi ne porta il foco inver la luna; questi ne cor mortali permotore; questi la terra in s stringe e aduna; n pur le creature che son fore dintelligenza quest arco saetta, ma quelle channo intelletto e amore. La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa l ciel sempre queto nel qual si volge quel cha maggior fretta; e ora l, come a sito decreto, cen porta la virt di quella corda che ci che scocca drizza in segno lieto. Vero che, come forma non saccorda molte fate a lintenzion de larte, perch a risponder la materia sorda, cos da questo corso si diparte talor la creatura, cha podere di piegar, cos pinta, in altra parte; e s come veder si pu cadere foco di nube, s limpeto primo latterra torto da falso piacere. Non dei pi ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come dun rivo se dalto monte scende giuso ad imo. Maraviglia sarebbe in te se, privo dimpedimento, gi ti fossi assiso, com a terra quete in foco vivo. Quinci rivolse inver lo cielo il viso. Paradiso Canto II O voi che siete in piccioletta barca, desiderosi dascoltar, seguiti dietro al mio legno che cantando varca, tornate a riveder li vostri liti: non vi mettete in pelago, ch forse, perdendo me, rimarreste smarriti. Lacqua chio prendo gi mai non si corse; Minerva spira, e conducemi Appollo, e nove Muse mi dimostran lOrse. Voialtri pochi che drizzaste il collo per tempo al pan de li angeli, del quale vivesi qui ma non sen vien satollo, metter potete ben per lalto sale vostro navigio, servando mio solco dinanzi a lacqua che ritorna equale. Que glorosi che passaro al Colco non sammiraron come voi farete, quando Iasn vider fatto bifolco. La concreata e perpeta sete del deforme regno cen portava veloci quasi come l ciel vedete. Beatrice in suso, e io in lei guardava; e forse in tanto in quanto un quadrel posa e vola e da la noce si dischiava, giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a s; e per quella cui non potea mia cura essere ascosa, volta ver me, s lieta come bella, Drizza la mente in Dio grata, mi disse, che nha congiunti con la prima stella. Parev a me che nube ne coprisse lucida, spessa, solida e pulita, quasi adamante che lo sol ferisse. Per entro s letterna margarita ne ricevette, com acqua recepe raggio di luce permanendo unita. Sio era corpo, e qui non si concepe com una dimensione altra patio, chesser convien se corpo in corpo repe, accender ne dovria pi il disio di veder quella essenza in che si vede come nostra natura e Dio sunio. L si vedr ci che tenem per fede, non dimostrato, ma fia per s noto a guisa del ver primo che luom crede. Io rispuosi: Madonna, s devoto com esser posso pi, ringrazio lui lo qual dal mortal mondo mha remoto. Ma ditemi: che son li segni bui di questo corpo, che l giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui?. Ella sorrise alquanto, e poi Selli erra loppinon, mi disse, di mortali dove chiave di senso non diserra, certo non ti dovrien punger li strali dammirazione omai, poi dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte lali. Ma dimmi quel che tu da te ne pensi. E io: Ci che nappar qua s diverso credo che fanno i corpi rari e densi. Ed ella: Certo assai vedrai sommerso nel falso il creder tuo, se bene ascolti largomentar chio li far avverso. La spera ottava vi dimostra molti lumi, li quali e nel quale e nel quanto notar si posson di diversi volti. Se raro e denso ci facesser tanto, una sola virt sarebbe in tutti, pi e men distributa e altrettanto. Virt diverse esser convegnon frutti di princpi formali, e quei, for chuno, seguiterieno a tua ragion distrutti. Ancor, se raro fosse di quel bruno cagion che tu dimandi, o doltre in parte fora di sua materia s digiuno esto pianeto, o, s come comparte lo grasso e l magro un corpo, cos questo nel suo volume cangerebbe carte. Se l primo fosse, fora manifesto ne leclissi del sol, per trasparere lo lume come in altro raro ingesto. Questo non : per da vedere de laltro; e selli avvien chio laltro cassi, falsificato fia lo tuo parere. Selli che questo raro non trapassi, esser conviene un termine da onde lo suo contrario pi passar non lassi; e indi laltrui raggio si rifonde cos come color torna per vetro lo qual di retro a s piombo nasconde. Or dirai tu chel si dimostra tetro ivi lo raggio pi che in altre parti, per esser l refratto pi a retro. Da questa instanza pu deliberarti esperenza, se gi mai la provi, chesser suol fonte ai rivi di vostr arti. Tre specchi prenderai; e i due rimovi da te dun modo, e laltro, pi rimosso, trambo li primi li occhi tuoi ritrovi. Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso ti stea un lume che i tre specchi accenda e torni a te da tutti ripercosso. Ben che nel quanto tanto non si stenda la vista pi lontana, l vedrai come convien chigualmente risplenda. Or, come ai colpi de li caldi rai de la neve riman nudo il suggetto e dal colore e dal freddo primai, cos rimaso te ne lintelletto voglio informar di luce s vivace, che ti tremoler nel suo aspetto. Dentro dal ciel de la divina pace si gira un corpo ne la cui virtute lesser di tutto suo contento giace. Lo ciel seguente, cha tante vedute, quell esser parte per diverse essenze, da lui distratte e da lui contenute. Li altri giron per varie differenze le distinzion che dentro da s hanno dispongono a lor fini e lor semenze. Questi organi del mondo cos vanno, come tu vedi omai, di grado in grado, che di s prendono e di sotto fanno. Riguarda bene omai s com io vado per questo loco al vero che disiri, s che poi sappi sol tener lo guado. Lo moto e la virt di santi giri, come dal fabbro larte del martello, da beati motor convien che spiri; e l ciel cui tanti lumi fanno bello, de la mente profonda che lui volve prende limage e fassene suggello. E come lalma dentro a vostra polve per differenti membra e conformate a diverse potenze si risolve, cos lintelligenza sua bontate multiplicata per le stelle spiega, girando s sovra sua unitate. Virt diversa fa diversa lega col prezoso corpo chella avviva, nel qual, s come vita in voi, si lega. Per la natura lieta onde deriva, la virt mista per lo corpo luce come letizia per pupilla viva. Da essa vien ci che da luce a luce par differente, non da denso e raro; essa formal principio che produce, conforme a sua bont, lo turbo e l chiaro. Paradiso Canto III Quel sol che pria damor mi scald l petto, di bella verit mavea scoverto, provando e riprovando, il dolce aspetto; e io, per confessar corretto e certo me stesso, tanto quanto si convenne leva il capo a proferer pi erto; ma visone apparve che ritenne a s me tanto stretto, per vedersi, che di mia confession non mi sovvenne. Quali per vetri trasparenti e tersi, o ver per acque nitide e tranquille, non s profonde che i fondi sien persi, tornan di nostri visi le postille debili s, che perla in bianca fronte non vien men forte a le nostre pupille; tali vid io pi facce a parlar pronte; per chio dentro a lerror contrario corsi a quel chaccese amor tra lomo e l fonte. Sbito s com io di lor maccorsi, quelle stimando specchiati sembianti, per veder di cui fosser, li occhi torsi; e nulla vidi, e ritorsili avanti dritti nel lume de la dolce guida, che, sorridendo, ardea ne li occhi santi. Non ti maravigliar perch io sorrida, mi disse, appresso il tuo peril coto, poi sopra l vero ancor lo pi non fida, ma te rivolve, come suole, a vto: vere sustanze son ci che tu vedi, qui rilegate per manco di voto. Per parla con esse e odi e credi; ch la verace luce che le appaga da s non lascia lor torcer li piedi. E io a lombra che parea pi vaga di ragionar, drizzami, e cominciai, quasi com uom cui troppa voglia smaga: O ben creato spirito, che a rai di vita etterna la dolcezza senti che, non gustata, non sintende mai, grazoso mi fia se mi contenti del nome tuo e de la vostra sorte. Ond ella, pronta e con occhi ridenti: La nostra carit non serra porte a giusta voglia, se non come quella che vuol simile a s tutta sua corte. I fui nel mondo vergine sorella; e se la mente tua ben s riguarda, non mi ti celer lesser pi bella, ma riconoscerai chi son Piccarda, che, posta qui con questi altri beati, beata sono in la spera pi tarda. Li nostri affetti, che solo infiammati son nel piacer de lo Spirito Santo, letizian del suo ordine formati. E questa sorte che par gi cotanto, per nՏ data, perch fuor negletti li nostri voti, e vti in alcun canto. Ond io a lei: Ne mirabili aspetti vostri risplende non so che divino che vi trasmuta da primi concetti: per non fui a rimembrar festino; ma or maiuta ci che tu mi dici, s che raffigurar mՏ pi latino. Ma dimmi: voi che siete qui felici, disiderate voi pi alto loco per pi vedere e per pi farvi amici?. Con quelle altr ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, charder parea damor nel primo foco: Frate, la nostra volont queta virt di carit, che fa volerne sol quel chavemo, e daltro non ci asseta. Se disassimo esser pi superne, foran discordi li nostri disiri dal voler di colui che qui ne cerne; che vedrai non capere in questi giri, sessere in carit qui necesse, e se la sua natura ben rimiri. Anzi formale ad esto beato esse tenersi dentro a la divina voglia, per chuna fansi nostre voglie stesse; s che, come noi sem di soglia in soglia per questo regno, a tutto il regno piace com a lo re che n suo voler ne nvoglia. E n la sua volontade nostra pace: ell quel mare al qual tutto si move ci chella cra o che natura face. Chiaro mi fu allor come ogne dove in cielo paradiso, etsi la grazia del sommo ben dun modo non vi piove. Ma s com elli avvien, sun cibo sazia e dun altro rimane ancor la gola, che quel si chere e di quel si ringrazia, cos fec io con atto e con parola, per apprender da lei qual fu la tela onde non trasse infino a co la spuola. Perfetta vita e alto merto inciela donna pi s, mi disse, a la cui norma nel vostro mondo gi si veste e vela, perch fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo chogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma. Dal mondo, per seguirla, giovinetta fuggimi, e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta. Uomini poi, a mal pi cha bene usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi. E quest altro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che saccende di tutto il lume de la spera nostra, ci chio dico di me, di s intende; sorella fu, e cos le fu tolta di capo lombra de le sacre bende. Ma poi che pur al mondo fu rivolta contra suo grado e contra buona usanza, non fu dal vel del cor gi mai disciolta. Quest la luce de la gran Costanza che del secondo vento di Soave gener l terzo e lultima possanza. Cos parlommi, e poi cominci Ave, Maria cantando, e cantando vanio come per acqua cupa cosa grave. La vista mia, che tanto lei seguio quanto possibil fu, poi che la perse, volsesi al segno di maggior disio, e a Beatrice tutta si converse; ma quella folgor nel mo sguardo s che da prima il viso non sofferse; e ci mi fece a dimandar pi tardo. Paradiso Canto IV Intra due cibi, distanti e moventi dun modo, prima si morria di fame, che liber omo lun recasse ai denti; s si starebbe un agno intra due brame di fieri lupi, igualmente temendo; s si starebbe un cane intra due dame: per che, si mi tacea, me non riprendo, da li miei dubbi dun modo sospinto, poi chera necessario, n commendo. Io mi tacea, ma l mio disir dipinto mera nel viso, e l dimandar con ello, pi caldo assai che per parlar distinto. F s Beatrice qual f Danello, Nabuccodonosor levando dira, che lavea fatto ingiustamente fello; e disse: Io veggio ben come ti tira uno e altro disio, s che tua cura s stessa lega s che fuor non spira. Tu argomenti: Se l buon voler dura, la volenza altrui per qual ragione di meritar mi scema la misura?. Ancor di dubitar ti d cagione parer tornarsi lanime a le stelle, secondo la sentenza di Platone. Queste son le question che nel tuo velle pontano igualmente; e per pria tratter quella che pi ha di felle. Di Serafin colui che pi sindia, Mos, Samuel, e quel Giovanni che prender vuoli, io dico, non Maria, non hanno in altro cielo i loro scanni che questi spirti che mo tappariro, n hanno a lesser lor pi o meno anni; ma tutti fanno bello il primo giro, e differentemente han dolce vita per sentir pi e men letterno spiro. Qui si mostraro, non perch sortita sia questa spera lor, ma per far segno de la celestal cha men salita. Cos parlar conviensi al vostro ingegno, per che solo da sensato apprende ci che fa poscia dintelletto degno. Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate, e piedi e mano attribuisce a Dio e altro intende; e Santa Chiesa con aspetto umano Gabrel e Michel vi rappresenta, e laltro che Tobia rifece sano. Quel che Timeo de lanime argomenta non simile a ci che qui si vede, per che, come dice, par che senta. Dice che lalma a la sua stella riede, credendo quella quindi esser decisa quando natura per forma la diede; e forse sua sentenza daltra guisa che la voce non suona, ed esser puote con intenzion da non esser derisa. Selli intende tornare a queste ruote lonor de la influenza e l biasmo, forse in alcun vero suo arco percuote. Questo principio, male inteso, torse gi tutto il mondo quasi, s che Giove, Mercurio e Marte a nominar trascorse. Laltra dubitazion che ti commove ha men velen, per che sua malizia non ti poria menar da me altrove. Parere ingiusta la nostra giustizia ne li occhi di mortali, argomento di fede e non deretica nequizia. Ma perch puote vostro accorgimento ben penetrare a questa veritate, come disiri, ti far contento. Se volenza quando quel che pate nente conferisce a quel che sforza, non fuor quest alme per essa scusate: ch volont, se non vuol, non sammorza, ma fa come natura face in foco, se mille volte volenza il torza. Per che, sella si piega assai o poco, segue la forza; e cos queste fero possendo rifuggir nel santo loco. Se fosse stato lor volere intero, come tenne Lorenzo in su la grada, e fece Muzio a la sua man severo, cos lavria ripinte per la strada ond eran tratte, come fuoro sciolte; ma cos salda voglia troppo rada. E per queste parole, se ricolte lhai come dei, largomento casso che tavria fatto noia ancor pi volte. Ma or ti sattraversa un altro passo dinanzi a li occhi, tal che per te stesso non usciresti: pria saresti lasso. Io tho per certo ne la mente messo chalma beata non poria mentire, per chՏ sempre al primo vero appresso; e poi potesti da Piccarda udire che laffezion del vel Costanza tenne; s chella par qui meco contradire. Molte fate gi, frate, addivenne che, per fuggir periglio, contra grato si f di quel che far non si convenne; come Almeone, che, di ci pregato dal padre suo, la propria madre spense, per non perder piet si f spietato. A questo punto voglio che tu pense che la forza al voler si mischia, e fanno s che scusar non si posson loffense. Voglia assoluta non consente al danno; ma consentevi in tanto in quanto teme, se si ritrae, cadere in pi affanno. Per, quando Piccarda quello spreme, de la voglia assoluta intende, e io de laltra; s che ver diciamo insieme. Cotal fu londeggiar del santo rio chusc del fonte ond ogne ver deriva; tal puose in pace uno e altro disio. O amanza del primo amante, o diva, diss io appresso, il cui parlar minonda e scalda s, che pi e pi mavviva, non laffezion mia tanto profonda, che basti a render voi grazia per grazia; ma quei che vede e puote a ci risponda. Io veggio ben che gi mai non si sazia nostro intelletto, se l ver non lo illustra di fuor dal qual nessun vero si spazia. Posasi in esso, come fera in lustra, tosto che giunto lha; e giugner puollo: se non, ciascun disio sarebbe frustra. Nasce per quello, a guisa di rampollo, a pi del vero il dubbio; ed natura chal sommo pinge noi di collo in collo. Questo minvita, questo massicura con reverenza, donna, a dimandarvi dunaltra verit che mՏ oscura. Io vo saper se luom pu sodisfarvi ai voti manchi s con altri beni, cha la vostra statera non sien parvi. Beatrice mi guard con li occhi pieni di faville damor cos divini, che, vinta, mia virtute di le reni, e quasi mi perdei con li occhi chini. Paradiso Canto V Sio ti fiammeggio nel caldo damore di l dal modo che n terra si vede, s che del viso tuo vinco il valore, non ti maravigliar, ch ci procede da perfetto veder, che, come apprende, cos nel bene appreso move il piede. Io veggio ben s come gi resplende ne lintelletto tuo letterna luce, che, vista, sola e sempre amore accende; e saltra cosa vostro amor seduce, non se non di quella alcun vestigio, mal conosciuto, che quivi traluce. Tu vuo saper se con altro servigio, per manco voto, si pu render tanto che lanima sicuri di letigio. S cominci Beatrice questo canto; e s com uom che suo parlar non spezza, contin cos l processo santo: Lo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando, e a la sua bontate pi conformato, e quel che pi apprezza, fu de la volont la libertate; di che le creature intelligenti, e tutte e sole, fuoro e son dotate. Or ti parr, se tu quinci argomenti, lalto valor del voto, sՏ s fatto che Dio consenta quando tu consenti; ch, nel fermar tra Dio e lomo il patto, vittima fassi di questo tesoro, tal quale io dico; e fassi col suo atto. Dunque che render puossi per ristoro? Se credi bene usar quel chai offerto, di maltolletto vuo far buon lavoro. Tu se omai del maggior punto certo; ma perch Santa Chiesa in ci dispensa, che par contra lo ver chi tho scoverto, convienti ancor sedere un poco a mensa, per che l cibo rigido chai preso, richiede ancora aiuto a tua dispensa. Apri la mente a quel chio ti paleso e fermalvi entro; ch non fa scenza, sanza lo ritenere, avere inteso. Due cose si convegnono a lessenza di questo sacrificio: luna quella di che si fa; laltr la convenenza. Quest ultima gi mai non si cancella se non servata; e intorno di lei s preciso di sopra si favella: per necessitato fu a li Ebrei pur lofferere, ancor chalcuna offerta s permutasse, come saver dei. Laltra, che per materia tՏ aperta, puote ben esser tal, che non si falla se con altra materia si converta. Ma non trasmuti carco a la sua spalla per suo arbitrio alcun, sanza la volta e de la chiave bianca e de la gialla; e ogne permutanza credi stolta, se la cosa dimessa in la sorpresa come l quattro nel sei non raccolta. Per qualunque cosa tanto pesa per suo valor che tragga ogne bilancia, sodisfar non si pu con altra spesa. Non prendan li mortali il voto a ciancia; siate fedeli, e a ci far non bieci, come Iept a la sua prima mancia; cui pi si convenia dicer Mal feci, che, servando, far peggio; e cos stolto ritrovar puoi il gran duca de Greci, onde pianse Efignia il suo bel volto, e f pianger di s i folli e i savi chudir parlar di cos fatto clto. Siate, Cristiani, a muovervi pi gravi: non siate come penna ad ogne vento, e non crediate chogne acqua vi lavi. Avete il novo e l vecchio Testamento, e l pastor de la Chiesa che vi guida; questo vi basti a vostro salvamento. Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate, e non pecore matte, s che l Giudeo di voi tra voi non rida! Non fate com agnel che lascia il latte de la sua madre, e semplice e lascivo seco medesmo a suo piacer combatte!. Cos Beatrice a me com o scrivo; poi si rivolse tutta disante a quella parte ove l mondo pi vivo. Lo suo tacere e l trasmutar sembiante puoser silenzio al mio cupido ingegno, che gi nuove questioni avea davante; e s come saetta che nel segno percuote pria che sia la corda queta, cos corremmo nel secondo regno. Quivi la donna mia vid io s lieta, come nel lume di quel ciel si mise, che pi lucente se ne f l pianeta. E se la stella si cambi e rise, qual mi fec io che pur da mia natura trasmutabile son per tutte guise! Come n peschiera chՏ tranquilla e pura traggonsi i pesci a ci che vien di fori per modo che lo stimin lor pastura, s vid io ben pi di mille splendori trarsi ver noi, e in ciascun sudia: Ecco chi crescer li nostri amori. E s come ciascuno a noi vena, vedeasi lombra piena di letizia nel folgr chiaro che di lei uscia. Pensa, lettor, se quel che qui sinizia non procedesse, come tu avresti di pi savere angosciosa carizia; e per te vederai come da questi mera in disio dudir lor condizioni, s come a li occhi mi fur manifesti. O bene nato a cui veder li troni del trunfo etternal concede grazia prima che la milizia sabbandoni, del lume che per tutto il ciel si spazia noi semo accesi; e per, se disii di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia. Cos da un di quelli spirti pii detto mi fu; e da Beatrice: D, d sicuramente, e credi come a dii. Io veggio ben s come tu tannidi nel proprio lume, e che de li occhi il traggi, perch e corusca s come tu ridi; ma non so chi tu se, n perch aggi, anima degna, il grado de la spera che si vela a mortai con altrui raggi. Questo diss io diritto a la lumera che pria mavea parlato; ond ella fessi lucente pi assai di quel chell era. S come il sol che si cela elli stessi per troppa luce, come l caldo ha rse le temperanze di vapori spessi, per pi letizia s mi si nascose dentro al suo raggio la figura santa; e cos chiusa chiusa mi rispuose nel modo che l seguente canto canta. Paradiso Canto VI Poscia che Costantin laquila volse contr al corso del ciel, chella seguio dietro a lantico che Lavina tolse, cento e cent anni e pi luccel di Dio ne lo stremo dEuropa si ritenne, vicino a monti de quai prima usco; e sotto lombra de le sacre penne govern l mondo l di mano in mano, e, s cangiando, in su la mia pervenne. Cesare fui e son Iustinano, che, per voler del primo amor chi sento, dentro le leggi trassi il troppo e l vano. E prima chio a lovra fossi attento, una natura in Cristo esser, non pie, credea, e di tal fede era contento; ma l benedetto Agapito, che fue sommo pastore, a la fede sincera mi dirizz con le parole sue. Io li credetti; e ci che n sua fede era, vegg io or chiaro s, come tu vedi ogni contradizione e falsa e vera. Tosto che con la Chiesa mossi i piedi, a Dio per grazia piacque di spirarmi lalto lavoro, e tutto n lui mi diedi; e al mio Belisar commendai larmi, cui la destra del ciel fu s congiunta, che segno fu chi dovessi posarmi. Or qui a la question prima sappunta la mia risposta; ma sua condizione mi stringe a seguitare alcuna giunta, perch tu veggi con quanta ragione si move contr al sacrosanto segno e chi l sappropria e chi a lui soppone. Vedi quanta virt lha fatto degno di reverenza; e cominci da lora che Pallante mor per darli regno. Tu sai chel fece in Alba sua dimora per trecento anni e oltre, infino al fine che i tre a tre pugnar per lui ancora. E sai chel f dal mal de le Sabine al dolor di Lucrezia in sette regi, vincendo intorno le genti vicine. Sai quel chel f portato da li egregi Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro, incontro a li altri principi e collegi; onde Torquato e Quinzio, che dal cirro negletto fu nomato, i Deci e Fabi ebber la fama che volontier mirro. Esso atterr lorgoglio de li Arbi che di retro ad Anibale passaro lalpestre rocce, Po, di che tu labi. Sott esso giovanetti trunfaro Scipone e Pompeo; e a quel colle sotto l qual tu nascesti parve amaro. Poi, presso al tempo che tutto l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle. E quel che f da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano pieno. Quel che f poi chelli usc di Ravenna e salt Rubicon, fu di tal volo, che nol seguiteria lingua n penna. Inver la Spagna rivolse lo stuolo, poi ver Durazzo, e Farsalia percosse s chal Nil caldo si sent del duolo. Antandro e Simeonta, onde si mosse, rivide e l dov Ettore si cuba; e mal per Tolomeo poscia si scosse. Da indi scese folgorando a Iuba; onde si volse nel vostro occidente, ove sentia la pompeana tuba. Di quel che f col baiulo seguente, Bruto con Cassio ne linferno latra, e Modena e Perugia fu dolente. Piangene ancor la trista Cleopatra, che, fuggendoli innanzi, dal colubro la morte prese subitana e atra. Con costui corse infino al lito rubro; con costui puose il mondo in tanta pace, che fu serrato a Giano il suo delubro. Ma ci che l segno che parlar mi face fatto avea prima e poi era fatturo per lo regno mortal cha lui soggiace, diventa in apparenza poco e scuro, se in mano al terzo Cesare si mira con occhio chiaro e con affetto puro; ch la viva giustizia che mi spira, li concedette, in mano a quel chi dico, gloria di far vendetta a la sua ira. Or qui tammira in ci chio ti replco: poscia con Tito a far vendetta corse de la vendetta del peccato antico. E quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa, sotto le sue ali Carlo Magno, vincendo, la soccorse. Omai puoi giudicar di quei cotali chio accusai di sopra e di lor falli, che son cagion di tutti vostri mali. Luno al pubblico segno i gigli gialli oppone, e laltro appropria quello a parte, s chՏ forte a veder chi pi si falli. Faccian li Ghibellin, faccian lor arte sott altro segno, ch mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte; e non labbatta esto Carlo novello coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli cha pi alto leon trasser lo vello. Molte fate gi pianser li figli per la colpa del padre, e non si creda che Dio trasmuti larmi per suoi gigli! Questa picciola stella si correda di buoni spirti che son stati attivi perch onore e fama li succeda: e quando li disiri poggian quivi, s disvando, pur convien che i raggi del vero amore in s poggin men vivi. Ma nel commensurar di nostri gaggi col merto parte di nostra letizia, perch non li vedem minor n maggi. Quindi addolcisce la viva giustizia in noi laffetto s, che non si puote torcer gi mai ad alcuna nequizia. Diverse voci fanno dolci note; cos diversi scanni in nostra vita rendon dolce armonia tra queste rote. E dentro a la presente margarita luce la luce di Romeo, di cui fu lovra grande e bella mal gradita. Ma i Provenzai che fecer contra lui non hanno riso; e per mal cammina qual si fa danno del ben fare altrui. Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina, Ramondo Beringhiere, e ci li fece Romeo, persona umle e peregrina. E poi il mosser le parole biece a dimandar ragione a questo giusto, che li assegn sette e cinque per diece, indi partissi povero e vetusto; e se l mondo sapesse il cor chelli ebbe mendicando sua vita a frusto a frusto, assai lo loda, e pi lo loderebbe. Paradiso Canto VII Osanna, sanctus Deus sabath, superillustrans claritate tua felices ignes horum malacth!. Cos, volgendosi a la nota sua, fu viso a me cantare essa sustanza, sopra la qual doppio lume saddua; ed essa e laltre mossero a sua danza, e quasi velocissime faville mi si velar di sbita distanza. Io dubitava e dicea Dille, dille! fra me, dille dicea, a la mia donna che mi diseta con le dolci stille. Ma quella reverenza che sindonna di tutto me, pur per Be e per ice, mi richinava come luom chassonna. Poco sofferse me cotal Beatrice e cominci, raggiandomi dun riso tal, che nel foco faria luom felice: Secondo mio infallibile avviso, come giusta vendetta giustamente punita fosse, tha in pensier miso; ma io ti solver tosto la mente; e tu ascolta, ch le mie parole di gran sentenza ti faran presente. Per non soffrire a la virt che vole freno a suo prode, quell uom che non nacque, dannando s, dann tutta sua prole; onde lumana specie inferma giacque gi per secoli molti in grande errore, fin chal Verbo di Dio discender piacque u la natura, che dal suo fattore sera allungata, un a s in persona con latto sol del suo etterno amore. Or drizza il viso a quel chor si ragiona: questa natura al suo fattore unita, qual fu creata, fu sincera e buona; ma per s stessa pur fu ella sbandita di paradiso, per che si torse da via di verit e da sua vita. La pena dunque che la croce porse sa la natura assunta si misura, nulla gi mai s giustamente morse; e cos nulla fu di tanta ingiura, guardando a la persona che sofferse, in che era contratta tal natura. Per dun atto uscir cose diverse: cha Dio e a Giudei piacque una morte; per lei trem la terra e l ciel saperse. Non ti dee oramai parer pi forte, quando si dice che giusta vendetta poscia vengiata fu da giusta corte. Ma io veggi or la tua mente ristretta di pensiero in pensier dentro ad un nodo, del qual con gran disio solver saspetta. Tu dici: Ben discerno ci chi odo; ma perch Dio volesse, mՏ occulto, a nostra redenzion pur questo modo. Questo decreto, frate, sta sepulto a li occhi di ciascuno il cui ingegno ne la fiamma damor non adulto. Veramente, per cha questo segno molto si mira e poco si discerne, dir perch tal modo fu pi degno. La divina bont, che da s sperne ogne livore, ardendo in s, sfavilla s che dispiega le bellezze etterne. Ci che da lei sanza mezzo distilla non ha poi fine, perch non si move la sua imprenta quand ella sigilla. Ci che da essa sanza mezzo piove libero tutto, perch non soggiace a la virtute de le cose nove. Pi lՏ conforme, e per pi le piace; ch lardor santo chogne cosa raggia, ne la pi somigliante pi vivace. Di tutte queste dote savvantaggia lumana creatura, e suna manca, di sua nobilit convien che caggia. Solo il peccato quel che la disfranca e falla dissimle al sommo bene, per che del lume suo poco simbianca; e in sua dignit mai non rivene, se non rempie, dove colpa vta, contra mal dilettar con giuste pene. Vostra natura, quando pecc tota nel seme suo, da queste dignitadi, come di paradiso, fu remota; n ricovrar potiensi, se tu badi ben sottilmente, per alcuna via, sanza passar per un di questi guadi: o che Dio solo per sua cortesia dimesso avesse, o che luom per s isso avesse sodisfatto a sua follia. Ficca mo locchio per entro labisso de letterno consiglio, quanto puoi al mio parlar distrettamente fisso. Non potea luomo ne termini suoi mai sodisfar, per non potere ir giuso con umiltate obedendo poi, quanto disobediendo intese ir suso; e questa la cagion per che luom fue da poter sodisfar per s dischiuso. Dunque a Dio convenia con le vie sue riparar lomo a sua intera vita, dico con luna, o ver con amendue. Ma perch lovra tanto pi gradita da loperante, quanto pi appresenta de la bont del core ond ell uscita, la divina bont che l mondo imprenta, di proceder per tutte le sue vie, a rilevarvi suso, fu contenta. N tra lultima notte e l primo die s alto o s magnifico processo, o per luna o per laltra, fu o fie: ch pi largo fu Dio a dar s stesso per far luom sufficiente a rilevarsi, che selli avesse sol da s dimesso; e tutti li altri modi erano scarsi a la giustizia, se l Figliuol di Dio non fosse umilato ad incarnarsi. Or per empierti bene ogne disio, ritorno a dichiararti in alcun loco, perch tu veggi l cos com io. Tu dici: Io veggio lacqua, io veggio il foco, laere e la terra e tutte lor misture venire a corruzione, e durar poco; e queste cose pur furon creature; per che, se ci chՏ detto stato vero, esser dovrien da corruzion sicure. Li angeli, frate, e l paese sincero nel qual tu se, dir si posson creati, s come sono, in loro essere intero; ma li alimenti che tu hai nomati e quelle cose che di lor si fanno da creata virt sono informati. Creata fu la materia chelli hanno; creata fu la virt informante in queste stelle che ntorno a lor vanno. Lanima dogne bruto e de le piante di complession potenzata tira lo raggio e l moto de le luci sante; ma vostra vita sanza mezzo spira la somma beninanza, e la innamora di s s che poi sempre la disira. E quinci puoi argomentare ancora vostra resurrezion, se tu ripensi come lumana carne fessi allora che li primi parenti intrambo fensi. Paradiso Canto VIII Solea creder lo mondo in suo periclo che la bella Ciprigna il folle amore raggiasse, volta nel terzo epiciclo; per che non pur a lei faceano onore di sacrificio e di votivo grido le genti antiche ne lantico errore; ma Done onoravano e Cupido, quella per madre sua, questo per figlio, e dicean chel sedette in grembo a Dido; e da costei ond io principio piglio pigliavano il vocabol de la stella che l sol vagheggia or da coppa or da ciglio. Io non maccorsi del salire in ella; ma desservi entro mi f assai fede la donna mia chi vidi far pi bella. E come in fiamma favilla si vede, e come in voce voce si discerne, quand una ferma e altra va e riede, vid io in essa luce altre lucerne muoversi in giro pi e men correnti, al modo, credo, di lor viste interne. Di fredda nube non disceser venti, o visibili o no, tanto festini, che non paressero impediti e lenti a chi avesse quei lumi divini veduti a noi venir, lasciando il giro pria cominciato in li alti Serafini; e dentro a quei che pi innanzi appariro sonava Osanna s, che unque poi di rudir non fui sanza disiro. Indi si fece lun pi presso a noi e solo incominci: Tutti sem presti al tuo piacer, perch di noi ti gioi. Noi ci volgiam coi principi celesti dun giro e dun girare e duna sete, ai quali tu del mondo gi dicesti: Voi che ntendendo il terzo ciel movete; e sem s pien damor, che, per piacerti, non fia men dolce un poco di quete. Poscia che li occhi miei si fuoro offerti a la mia donna reverenti, ed essa fatti li avea di s contenti e certi, rivolsersi a la luce che promessa tanto savea, e Deh, chi siete? fue la voce mia di grande affetto impressa. E quanta e quale vid io lei far pie per allegrezza nova che saccrebbe, quando parlai, a lallegrezze sue! Cos fatta, mi disse: Il mondo mebbe gi poco tempo; e se pi fosse stato, molto sar di mal, che non sarebbe. La mia letizia mi ti tien celato che mi raggia dintorno e mi nasconde quasi animal di sua seta fasciato. Assai mamasti, e avesti ben onde; che sio fossi gi stato, io ti mostrava di mio amor pi oltre che le fronde. Quella sinistra riva che si lava di Rodano poi chՏ misto con Sorga, per suo segnore a tempo maspettava, e quel corno dAusonia che simborga di Bari e di Gaeta e di Catona, da ove Tronto e Verde in mare sgorga. Fulgeami gi in fronte la corona di quella terra che l Danubio riga poi che le ripe tedesche abbandona. E la bella Trinacria, che caliga tra Pachino e Peloro, sopra l golfo che riceve da Euro maggior briga, non per Tifeo ma per nascente solfo, attesi avrebbe li suoi regi ancora, nati per me di Carlo e di Ridolfo, se mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti, non avesse mosso Palermo a gridar: Mora, mora!. E se mio frate questo antivedesse, lavara povert di Catalogna gi fuggeria, perch non li offendesse; ch veramente proveder bisogna per lui, o per altrui, s cha sua barca carcata pi dincarco non si pogna. La sua natura, che di larga parca discese, avria mestier di tal milizia che non curasse di mettere in arca. Per chi credo che lalta letizia che l tuo parlar minfonde, segnor mio, l ve ogne ben si termina e sinizia, per te si veggia come la vegg io, grata mՏ pi; e anco quest ho caro perch l discerni rimirando in Dio. Fatto mhai lieto, e cos mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar mhai mosso com esser pu, di dolce seme, amaro. Questo io a lui; ed elli a me: Sio posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso. Lo ben che tutto il regno che tu scandi volge e contenta, fa esser virtute sua provedenza in questi corpi grandi. E non pur le nature provedute sono in la mente chՏ da s perfetta, ma esse insieme con la lor salute: per che quantunque quest arco saetta disposto cade a proveduto fine, s come cosa in suo segno diretta. Se ci non fosse, il ciel che tu cammine producerebbe s li suoi effetti, che non sarebbero arti, ma ruine; e ci esser non pu, se li ntelletti che muovon queste stelle non son manchi, e manco il primo, che non li ha perfetti. Vuo tu che questo ver pi ti simbianchi?. E io: Non gi; ch impossibil veggio che la natura, in quel chՏ uopo, stanchi. Ond elli ancora: Or d: sarebbe il peggio per lomo in terra, se non fosse cive?. S, rispuos io; e qui ragion non cheggio. E puot elli esser, se gi non si vive diversamente per diversi offici? Non, se l maestro vostro ben vi scrive. S venne deducendo infino a quici; poscia conchiuse: Dunque esser diverse convien di vostri effetti le radici: per chun nasce Solone e altro Serse, altro Melchisedch e altro quello che, volando per laere, il figlio perse. La circular natura, chՏ suggello a la cera mortal, fa ben sua arte, ma non distingue lun da laltro ostello. Quinci addivien chEsa si diparte per seme da Iacb; e vien Quirino da s vil padre, che si rende a Marte. Natura generata il suo cammino simil farebbe sempre a generanti, se non vincesse il proveder divino. Or quel che tera dietro tՏ davanti: ma perch sappi che di te mi giova, un corollario voglio che tammanti. Sempre natura, se fortuna trova discorde a s, com ogne altra semente fuor di sua regon, fa mala prova. E se l mondo l gi ponesse mente al fondamento che natura pone, seguendo lui, avria buona la gente. Ma voi torcete a la religone tal che fia nato a cignersi la spada, e fate re di tal chՏ da sermone; onde la traccia vostra fuor di strada. Paradiso Canto IX Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza, mebbe chiarito, mi narr li nganni che ricever dovea la sua semenza; ma disse: Taci e lascia muover li anni; s chio non posso dir se non che pianto giusto verr di retro ai vostri danni. E gi la vita di quel lume santo rivolta sera al Sol che la rempie come quel ben cha ogne cosa tanto. Ahi anime ingannate e fatture empie, che da s fatto ben torcete i cuori, drizzando in vanit le vostre tempie! Ed ecco un altro di quelli splendori ver me si fece, e l suo voler piacermi significava nel chiarir di fori. Li occhi di Batrice, cheran fermi sovra me, come pria, di caro assenso al mio disio certificato fermi. Deh, metti al mio voler tosto compenso, beato spirto, dissi, e fammi prova chi possa in te refletter quel chio penso!. Onde la luce che mera ancor nova, del suo profondo, ond ella pria cantava, seguette come a cui di ben far giova: In quella parte de la terra prava italica che siede tra Ralto e le fontane di Brenta e di Piava, si leva un colle, e non surge molt alto, l onde scese gi una facella che fece a la contrada un grande assalto. Duna radice nacqui e io ed ella: Cunizza fui chiamata, e qui refulgo perch mi vinse il lume desta stella; ma lietamente a me medesma indulgo la cagion di mia sorte, e non mi noia; che parria forse forte al vostro vulgo. Di questa luculenta e cara gioia del nostro cielo che pi mՏ propinqua, grande fama rimase; e pria che moia, questo centesimo anno ancor sincinqua: vedi se far si dee lomo eccellente, s chaltra vita la prima relinqua. E ci non pensa la turba presente che Tagliamento e Adice richiude, n per esser battuta ancor si pente; ma tosto fia che Padova al palude canger lacqua che Vincenza bagna, per essere al dover le genti crude; e dove Sile e Cagnan saccompagna, tal signoreggia e va con la testa alta, che gi per lui carpir si fa la ragna. Pianger Feltro ancora la difalta de lempio suo pastor, che sar sconcia s, che per simil non sentr in malta. Troppo sarebbe larga la bigoncia che ricevesse il sangue ferrarese, e stanco chi l pesasse a oncia a oncia, che doner questo prete cortese per mostrarsi di parte; e cotai doni conformi fieno al viver del paese. S sono specchi, voi dicete Troni, onde refulge a noi Dio giudicante; s che questi parlar ne paion buoni. Qui si tacette; e fecemi sembiante che fosse ad altro volta, per la rota in che si mise com era davante. Laltra letizia, che mera gi nota per cara cosa, mi si fece in vista qual fin balasso in che lo sol percuota. Per letiziar l s fulgor sacquista, s come riso qui; ma gi sabbuia lombra di fuor, come la mente trista. Dio vede tutto, e tuo veder sinluia, diss io, beato spirto, s che nulla voglia di s a te puot esser fuia. Dunque la voce tua, che l ciel trastulla sempre col canto di quei fuochi pii che di sei ali facen la coculla, perch non satisface a miei disii? Gi non attendere io tua dimanda, sio mintuassi, come tu tinmii. La maggior valle in che lacqua si spanda, incominciaro allor le sue parole, fuor di quel mar che la terra inghirlanda, tra discordanti liti contra l sole tanto sen va, che fa meridano l dove lorizzonte pria far suole. Di quella valle fu io litorano tra Ebro e Macra, che per cammin corto parte lo Genovese dal Toscano. Ad un occaso quasi e ad un orto Buggea siede e la terra ond io fui, che f del sangue suo gi caldo il porto. Folco mi disse quella gente a cui fu noto il nome mio; e questo cielo di me simprenta, com io fe di lui; ch pi non arse la figlia di Belo, noiando e a Sicheo e a Creusa, di me, infin che si convenne al pelo; n quella Rodopa che delusa fu da Demofoonte, n Alcide quando Iole nel core ebbe rinchiusa. Non per qui si pente, ma si ride, non de la colpa, cha mente non torna, ma del valor chordin e provide. Qui si rimira ne larte chaddorna cotanto affetto, e discernesi l bene per che l mondo di s quel di gi torna. Ma perch tutte le tue voglie piene ten porti che son nate in questa spera, proceder ancor oltre mi convene. Tu vuo saper chi in questa lumera che qui appresso me cos scintilla come raggio di sole in acqua mera. Or sappi che l entro si tranquilla Raab; e a nostr ordine congiunta, di lei nel sommo grado si sigilla. Da questo cielo, in cui lombra sappunta che l vostro mondo face, pria chaltr alma del trunfo di Cristo fu assunta. Ben si convenne lei lasciar per palma in alcun cielo de lalta vittoria che sacquist con luna e laltra palma, perch ella favor la prima gloria di Ios in su la Terra Santa, che poco tocca al papa la memoria. La tua citt, che di colui pianta che pria volse le spalle al suo fattore e di cui la nvidia tanto pianta, produce e spande il maladetto fiore cha disvate le pecore e li agni, per che fatto ha lupo del pastore. Per questo lEvangelio e i dottor magni son derelitti, e solo ai Decretali si studia, s che pare a lor vivagni. A questo intende il papa e cardinali; non vanno i lor pensieri a Nazarette, l dove Gabrello aperse lali. Ma Vaticano e laltre parti elette di Roma che son state cimitero a la milizia che Pietro seguette, tosto libere fien de lavoltero. Paradiso Canto X Guardando nel suo Figlio con lAmore che luno e laltro etternalmente spira, lo primo e ineffabile Valore quanto per mente e per loco si gira con tant ordine f, chesser non puote sanza gustar di lui chi ci rimira. Leva dunque, lettore, a lalte rote meco la vista, dritto a quella parte dove lun moto e laltro si percuote; e l comincia a vagheggiar ne larte di quel maestro che dentro a s lama, tanto che mai da lei locchio non parte. Vedi come da indi si dirama loblico cerchio che i pianeti porta, per sodisfare al mondo che li chiama. Che se la strada lor non fosse torta, molta virt nel ciel sarebbe in vano, e quasi ogne potenza qua gi morta; e se dal dritto pi o men lontano fosse l partire, assai sarebbe manco e gi e s de lordine mondano. Or ti riman, lettor, sovra l tuo banco, dietro pensando a ci che si preliba, sesser vuoi lieto assai prima che stanco. Messo tho innanzi: omai per te ti ciba; ch a s torce tutta la mia cura quella materia ond io son fatto scriba. Lo ministro maggior de la natura, che del valor del ciel lo mondo imprenta e col suo lume il tempo ne misura, con quella parte che s si rammenta congiunto, si girava per le spire in che pi tosto ognora sappresenta; e io era con lui; ma del salire non maccors io, se non com uom saccorge, anzi l primo pensier, del suo venire. Batrice quella che s scorge di bene in meglio, s subitamente che latto suo per tempo non si sporge. Quant esser convenia da s lucente quel chera dentro al sol dov io entrami, non per color, ma per lume parvente! Perch io lo ngegno e larte e luso chiami, s nol direi che mai simaginasse; ma creder puossi e di veder si brami. E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non maraviglia; ch sopra l sol non fu occhio chandasse. Tal era quivi la quarta famiglia de lalto Padre, che sempre la sazia, mostrando come spira e come figlia. E Batrice cominci: Ringrazia, ringrazia il Sol de li angeli, cha questo sensibil tha levato per sua grazia. Cor di mortal non fu mai s digesto a divozione e a rendersi a Dio con tutto l suo gradir cotanto presto, come a quelle parole mi fec io; e s tutto l mio amore in lui si mise, che Batrice ecliss ne loblio. Non le dispiacque; ma s se ne rise, che lo splendor de li occhi suoi ridenti mia mente unita in pi cose divise. Io vidi pi folgr vivi e vincenti far di noi centro e di s far corona, pi dolci in voce che in vista lucenti: cos cinger la figlia di Latona vedem talvolta, quando laere pregno, s che ritenga il fil che fa la zona. Ne la corte del cielo, ond io rivegno, si trovan molte gioie care e belle tanto che non si posson trar del regno; e l canto di quei lumi era di quelle; chi non simpenna s che l s voli, dal muto aspetti quindi le novelle. Poi, s cantando, quelli ardenti soli si fuor girati intorno a noi tre volte, come stelle vicine a fermi poli, donne mi parver, non da ballo sciolte, ma che sarrestin tacite, ascoltando fin che le nove note hanno ricolte. E dentro a lun senti cominciar: Quando lo raggio de la grazia, onde saccende verace amore e che poi cresce amando, multiplicato in te tanto resplende, che ti conduce su per quella scala u sanza risalir nessun discende; qual ti negasse il vin de la sua fiala per la tua sete, in libert non fora se non com acqua chal mar non si cala. Tu vuo saper di quai piante sinfiora questa ghirlanda che ntorno vagheggia la bella donna chal ciel tavvalora. Io fui de li agni de la santa greggia che Domenico mena per cammino u ben simpingua se non si vaneggia. Questi che mՏ a destra pi vicino, frate e maestro fummi, ed esso Alberto di Cologna, e io Thomas dAquino. Se s di tutti li altri esser vuo certo, di retro al mio parlar ten vien col viso girando su per lo beato serto. Quell altro fiammeggiare esce del riso di Grazan, che luno e laltro foro aiut s che piace in paradiso. Laltro chappresso addorna il nostro coro, quel Pietro fu che con la poverella offerse a Santa Chiesa suo tesoro. La quinta luce, chՏ tra noi pi bella, spira di tale amor, che tutto l mondo l gi ne gola di saper novella: entro vՏ lalta mente u s profondo saver fu messo, che, se l vero vero, a veder tanto non surse il secondo. Appresso vedi il lume di quel cero che gi in carne pi a dentro vide langelica natura e l ministero. Ne laltra piccioletta luce ride quello avvocato de tempi cristiani del cui latino Augustin si provide. Or se tu locchio de la mente trani di luce in luce dietro a le mie lode, gi de lottava con sete rimani. Per vedere ogne ben dentro vi gode lanima santa che l mondo fallace fa manifesto a chi di lei ben ode. Lo corpo ond ella fu cacciata giace giuso in Cieldauro; ed essa da martiro e da essilio venne a questa pace. Vedi oltre fiammeggiar lardente spiro dIsidoro, di Beda e di Riccardo, che a considerar fu pi che viro. Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, l lume duno spirto che n pensieri gravi a morir li parve venir tardo: essa la luce etterna di Sigieri, che, leggendo nel Vico de li Strami, silogizz invidosi veri. Indi, come orologio che ne chiami ne lora che la sposa di Dio surge a mattinar lo sposo perch lami, che luna parte e laltra tira e urge, tin tin sonando con s dolce nota, che l ben disposto spirto damor turge; cos vid o la gloriosa rota muoversi e render voce a voce in tempra e in dolcezza chesser non p nota se non col dove gioir sinsempra. Paradiso Canto XI O insensata cura de mortali, quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter lali! Chi dietro a iura e chi ad amforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, e chi rubare e chi civil negozio, chi nel diletto de la carne involto saffaticava e chi si dava a lozio, quando, da tutte queste cose sciolto, con Batrice mera suso in cielo cotanto glorosamente accolto. Poi che ciascuno fu tornato ne lo punto del cerchio in che avanti sera, fermossi, come a candellier candelo. E io senti dentro a quella lumera che pria mavea parlato, sorridendo incominciar, faccendosi pi mera: Cos com io del suo raggio resplendo, s, riguardando ne la luce etterna, li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. Tu dubbi, e hai voler che si ricerna in s aperta e n s distesa lingua lo dicer mio, chal tuo sentir si sterna, ove dinanzi dissi: U ben simpingua, e l u dissi: Non nacque il secondo; e qui uopo che ben si distingua. La provedenza, che governa il mondo con quel consiglio nel quale ogne aspetto creato vinto pria che vada al fondo, per che andasse ver lo suo diletto la sposa di colui chad alte grida dispos lei col sangue benedetto, in s sicura e anche a lui pi fida, due principi ordin in suo favore, che quinci e quindi le fosser per guida. Lun fu tutto serafico in ardore; laltro per sapenza in terra fue di cherubica luce uno splendore. De lun dir, per che damendue si dice lun pregiando, qual chom prende, perch ad un fine fur lopere sue. Intra Tupino e lacqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa dalto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, l dov ella frange pi sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange. Per chi desso loco fa parole, non dica Ascesi, ch direbbe corto, ma Orente, se proprio dir vuole. Non era ancor molto lontan da lorto, chel cominci a far sentir la terra de la sua gran virtute alcun conforto; ch per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito; poscia di d in d lam pi forte. Questa, privata del primo marito, millecent anni e pi dispetta e scura fino a costui si stette sanza invito; n valse udir che la trov sicura con Amiclate, al suon de la sua voce, colui cha tutto l mondo f paura; n valse esser costante n feroce, s che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce. Ma perch io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povert per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi; tanto che l venerabile Bernardo si scalz prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo. Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, s la sposa piace. Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che gi legava lumile capestro. N li grav vilt di cuor le ciglia per esser fi di Pietro Bernardone, n per parer dispetto a maraviglia; ma regalmente sua dura intenzione ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe primo sigillo a sua religone. Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe, di seconda corona redimita fu per Onorio da lEtterno Spiro la santa voglia desto archimandrita. E poi che, per la sete del martiro, ne la presenza del Soldan superba predic Cristo e li altri che l seguiro, e per trovare a conversione acerba troppo la gente e per non stare indarno, redissi al frutto de litalica erba, nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese lultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno. Quando a colui cha tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede chel merit nel suo farsi pusillo, a frati suoi, s com a giuste rede, raccomand la donna sua pi cara, e comand che lamassero a fede; e del suo grembo lanima preclara mover si volle, tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara. Pensa oramai qual fu colui che degno collega fu a mantener la barca di Pietro in alto mar per dritto segno; e questo fu il nostro patrarca; per che qual segue lui, com el comanda, discerner puoi che buone merce carca. Ma l suo pecuglio di nova vivanda fatto ghiotto, s chesser non puote che per diversi salti non si spanda; e quanto le sue pecore remote e vagabunde pi da esso vanno, pi tornano a lovil di latte vte. Ben son di quelle che temono l danno e stringonsi al pastor; ma son s poche, che le cappe fornisce poco panno. Or, se le mie parole non son fioche, se la tua audenza stata attenta, se ci chՏ detto a la mente revoche, in parte fia la tua voglia contenta, perch vedrai la pianta onde si scheggia, e vedra il corrgger che argomenta U ben simpingua, se non si vaneggia. Paradiso Canto XII S tosto come lultima parola la benedetta fiamma per dir tolse, a rotar cominci la santa mola; e nel suo giro tutta non si volse prima chunaltra di cerchio la chiuse, e moto a moto e canto a canto colse; canto che tanto vince nostre muse, nostre serene in quelle dolci tube, quanto primo splendor quel che refuse. Come si volgon per tenera nube due archi paralelli e concolori, quando Iunone a sua ancella iube, nascendo di quel dentro quel di fori, a guisa del parlar di quella vaga chamor consunse come sol vapori, e fanno qui la gente esser presaga, per lo patto che Dio con No puose, del mondo che gi mai pi non sallaga: cos di quelle sempiterne rose volgiensi circa noi le due ghirlande, e s lestrema a lintima rispuose. Poi che l tripudio e laltra festa grande, s del cantare e s del fiammeggiarsi luce con luce gaudose e blande, insieme a punto e a voler quetarsi, pur come li occhi chal piacer che i move conviene insieme chiudere e levarsi; del cor de luna de le luci nove si mosse voce, che lago a la stella parer mi fece in volgermi al suo dove; e cominci: Lamor che mi fa bella mi tragge a ragionar de laltro duca per cui del mio s ben ci si favella. Degno che, dov lun, laltro sinduca: s che, com elli ad una militaro, cos la gloria loro insieme luca. Lessercito di Cristo, che s caro cost a rarmar, dietro a la nsegna si movea tardo, sospeccioso e raro, quando lo mperador che sempre regna provide a la milizia, chera in forse, per sola grazia, non per esser degna; e, come detto, a sua sposa soccorse con due campioni, al cui fare, al cui dire lo popol disvato si raccorse. In quella parte ove surge ad aprire Zefiro dolce le novelle fronde di che si vede Europa rivestire, non molto lungi al percuoter de londe dietro a le quali, per la lunga foga, lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde, siede la fortunata Calaroga sotto la protezion del grande scudo in che soggiace il leone e soggioga: dentro vi nacque lamoroso drudo de la fede cristiana, il santo atleta benigno a suoi e a nemici crudo; e come fu creata, fu repleta s la sua mente di viva vertute che, ne la madre, lei fece profeta. Poi che le sponsalizie fuor compiute al sacro fonte intra lui e la Fede, u si dotar di muta salute, la donna che per lui lassenso diede, vide nel sonno il mirabile frutto chuscir dovea di lui e de le rede; e perch fosse qual era in costrutto, quinci si mosse spirito a nomarlo del possessivo di cui era tutto. Domenico fu detto; e io ne parlo s come de lagricola che Cristo elesse a lorto suo per aiutarlo. Ben parve messo e famigliar di Cristo: che l primo amor che n lui fu manifesto, fu al primo consiglio che di Cristo. Spesse fate fu tacito e desto trovato in terra da la sua nutrice, come dicesse: Io son venuto a questo. Oh padre suo veramente Felice! oh madre sua veramente Giovanna, se, interpretata, val come si dice! Non per lo mondo, per cui mo saffanna di retro ad Ostense e a Taddeo, ma per amor de la verace manna in picciol tempo gran dottor si feo; tal che si mise a circir la vigna che tosto imbianca, se l vignaio reo. E a la sedia che fu gi benigna pi a poveri giusti, non per lei, ma per colui che siede, che traligna, non dispensare o due o tre per sei, non la fortuna di prima vacante, non decimas, quae sunt pauperum Dei, addimand, ma contro al mondo errante licenza di combatter per lo seme del qual ti fascian ventiquattro piante. Poi, con dottrina e con volere insieme, con lofficio appostolico si mosse quasi torrente chalta vena preme; e ne li sterpi eretici percosse limpeto suo, pi vivamente quivi dove le resistenze eran pi grosse. Di lui si fecer poi diversi rivi onde lorto catolico si riga, s che i suoi arbuscelli stan pi vivi. Se tal fu luna rota de la biga in che la Santa Chiesa si difese e vinse in campo la sua civil briga, ben ti dovrebbe assai esser palese leccellenza de laltra, di cui Tomma dinanzi al mio venir fu s cortese. Ma lorbita che f la parte somma di sua circunferenza, derelitta, s chՏ la muffa dov era la gromma. La sua famiglia, che si mosse dritta coi piedi a le sue orme, tanto volta, che quel dinanzi a quel di retro gitta; e tosto si vedr de la ricolta de la mala coltura, quando il loglio si lagner che larca li sia tolta. Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio nostro volume, ancor troveria carta u leggerebbe I mi son quel chi soglio; ma non fia da Casal n dAcquasparta, l onde vegnon tali a la scrittura, chuno la fugge e altro la coarta. Io son la vita di Bonaventura da Bagnoregio, che ne grandi offici sempre pospuosi la sinistra cura. Illuminato e Augustin son quici, che fuor de primi scalzi poverelli che nel capestro a Dio si fero amici. Ugo da San Vittore qui con elli, e Pietro Mangiadore e Pietro Spano, lo qual gi luce in dodici libelli; Natn profeta e l metropolitano Crisostomo e Anselmo e quel Donato cha la prim arte degn porre mano. Rabano qui, e lucemi dallato il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato. Ad inveggiar cotanto paladino mi mosse linfiammata cortesia di fra Tommaso e l discreto latino; e mosse meco questa compagnia. Paradiso Canto XIII Imagini, chi bene intender cupe quel chi or vidie ritegna limage, mentre chio dico, come ferma rupe, quindici stelle che n diverse plage lo ciel avvivan di tanto sereno che soperchia de laere ogne compage; imagini quel carro a cu il seno basta del nostro cielo e notte e giorno, s chal volger del temo non vien meno; imagini la bocca di quel corno che si comincia in punta de lo stelo a cui la prima rota va dintorno, aver fatto di s due segni in cielo, qual fece la figliuola di Minoi allora che sent di morte il gelo; e lun ne laltro aver li raggi suoi, e amendue girarsi per maniera che luno andasse al primo e laltro al poi; e avr quasi lombra de la vera costellazione e de la doppia danza che circulava il punto dov io era: poi chՏ tanto di l da nostra usanza, quanto di l dal mover de la Chiana si move il ciel che tutti li altri avanza. L si cant non Bacco, non Peana, ma tre persone in divina natura, e in una persona essa e lumana. Compi l cantare e l volger sua misura; e attesersi a noi quei santi lumi, felicitando s di cura in cura. Ruppe il silenzio ne concordi numi poscia la luce in che mirabil vita del poverel di Dio narrata fumi, e disse: Quando luna paglia trita, quando la sua semenza gi riposta, a batter laltra dolce amor minvita. Tu credi che nel petto onde la costa si trasse per formar la bella guancia il cui palato a tutto l mondo costa, e in quel che, forato da la lancia, e prima e poscia tanto sodisfece, che dogne colpa vince la bilancia, quantunque a la natura umana lece aver di lume, tutto fosse infuso da quel valor che luno e laltro fece; e per miri a ci chio dissi suso, quando narrai che non ebbe l secondo lo ben che ne la quinta luce chiuso. Or apri li occhi a quel chio ti rispondo, e vedri il tuo credere e l mio dire nel vero farsi come centro in tondo. Ci che non more e ci che pu morire non se non splendor di quella idea che partorisce, amando, il nostro Sire; ch quella viva luce che s mea dal suo lucente, che non si disuna da lui n da lamor cha lor sintrea, per sua bontate il suo raggiare aduna, quasi specchiato, in nove sussistenze, etternalmente rimanendosi una. Quindi discende a lultime potenze gi datto in atto, tanto divenendo, che pi non fa che brevi contingenze; e queste contingenze essere intendo le cose generate, che produce con seme e sanza seme il ciel movendo. La cera di costoro e chi la duce non sta dun modo; e per sotto l segno idale poi pi e men traluce. Ond elli avvien chun medesimo legno, secondo specie, meglio e peggio frutta; e voi nascete con diverso ingegno. Se fosse a punto la cera dedutta e fosse il cielo in sua virt supprema, la luce del suggel parrebbe tutta; ma la natura la d sempre scema, similemente operando a lartista cha labito de larte ha man che trema. Per se l caldo amor la chiara vista de la prima virt dispone e segna, tutta la perfezion quivi sacquista. Cos fu fatta gi la terra degna di tutta lanimal perfezone; cos fu fatta la Vergine pregna; s chio commendo tua oppinone, che lumana natura mai non fue n fia qual fu in quelle due persone. Or si non procedesse avanti pie, Dunque, come costui fu sanza pare? comincerebber le parole tue. Ma perch paia ben ci che non pare, pensa chi era, e la cagion che l mosse, quando fu detto Chiedi, a dimandare. Non ho parlato s, che tu non posse ben veder chel fu re, che chiese senno acci che re sufficente fosse; non per sapere il numero in che enno li motor di qua s, o se necesse con contingente mai necesse fenno; non si est dare primum motum esse, o se del mezzo cerchio far si puote trangol s chun retto non avesse. Onde, se ci chio dissi e questo note, regal prudenza quel vedere impari in che lo stral di mia intenzion percuote; e se al surse drizzi li occhi chiari, vedrai aver solamente respetto ai regi, che son molti, e buon son rari. Con questa distinzion prendi l mio detto; e cos puote star con quel che credi del primo padre e del nostro Diletto. E questo ti sia sempre piombo a piedi, per farti mover lento com uom lasso e al s e al no che tu non vedi: ch quelli tra li stolti bene a basso, che sanza distinzione afferma e nega ne lun cos come ne laltro passo; perch elli ncontra che pi volte piega loppinon corrente in falsa parte, e poi laffetto lintelletto lega. Vie pi che ndarno da riva si parte, perch non torna tal qual e si move, chi pesca per lo vero e non ha larte. E di ci sono al mondo aperte prove Parmenide, Melisso e Brisso e molti, li quali andaro e non sapan dove; s f Sabellio e Arrio e quelli stolti che furon come spade a le Scritture in render torti li diritti volti. Non sien le genti, ancor, troppo sicure a giudicar, s come quei che stima le biade in campo pria che sien mature; chi ho veduto tutto l verno prima lo prun mostrarsi rigido e feroce, poscia portar la rosa in su la cima; e legno vidi gi dritto e veloce correr lo mar per tutto suo cammino, perire al fine a lintrar de la foce. Non creda donna Berta e ser Martino, per vedere un furare, altro offerere, vederli dentro al consiglio divino; ch quel pu surgere, e quel pu cadere. Paradiso Canto XIV Dal centro al cerchio, e s dal cerchio al centro movesi lacqua in un ritondo vaso, secondo chՏ percosso fuori o dentro: ne la mia mente f sbito caso questo chio dico, s come si tacque la glorosa vita di Tommaso, per la similitudine che nacque del suo parlare e di quel di Beatrice, a cui s cominciar, dopo lui, piacque: A costui fa mestieri, e nol vi dice n con la voce n pensando ancora, dun altro vero andare a la radice. Diteli se la luce onde sinfiora vostra sustanza, rimarr con voi etternalmente s com ell ora; e se rimane, dite come, poi che sarete visibili rifatti, esser por chal veder non vi ni. Come, da pi letizia pinti e tratti, a la fata quei che vanno a rota levan la voce e rallegrano li atti, cos, a lorazion pronta e divota, li santi cerchi mostrar nova gioia nel torneare e ne la mira nota. Qual si lamenta perch qui si moia per viver col s, non vide quive lo refrigerio de letterna ploia. Quell uno e due e tre che sempre vive e regna sempre in tre e n due e n uno, non circunscritto, e tutto circunscrive, tre volte era cantato da ciascuno di quelli spirti con tal melodia, chad ogne merto saria giusto muno. E io udi ne la luce pi dia del minor cerchio una voce modesta, forse qual fu da langelo a Maria, risponder: Quanto fia lunga la festa di paradiso, tanto il nostro amore si ragger dintorno cotal vesta. La sua chiarezza sguita lardore; lardor la visone, e quella tanta, quant ha di grazia sovra suo valore. Come la carne glorosa e santa fia rivestita, la nostra persona pi grata fia per esser tutta quanta; per che saccrescer ci che ne dona di gratito lume il sommo bene, lume cha lui veder ne condiziona; onde la vison crescer convene, crescer lardor che di quella saccende, crescer lo raggio che da esso vene. Ma s come carbon che fiamma rende, e per vivo candor quella soverchia, s che la sua parvenza si difende; cos questo folgr che gi ne cerchia fia vinto in apparenza da la carne che tutto d la terra ricoperchia; n potr tanta luce affaticarne: ch li organi del corpo saran forti a tutto ci che potr dilettarne. Tanto mi parver sbiti e accorti e luno e laltro coro a dicer Amme!, che ben mostrar disio di corpi morti: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme. Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascere un lustro sopra quel che vera, per guisa dorizzonte che rischiari. E s come al salir di prima sera comincian per lo ciel nove parvenze, s che la vista pare e non par vera, parvemi l novelle sussistenze cominciare a vedere, e fare un giro di fuor da laltre due circunferenze. Oh vero sfavillar del Santo Spiro! come si fece sbito e candente a li occhi miei che, vinti, nol soffriro! Ma Batrice s bella e ridente mi si mostr, che tra quelle vedute si vuol lasciar che non seguir la mente. Quindi ripreser li occhi miei virtute a rilevarsi; e vidimi translato sol con mia donna in pi alta salute. Ben maccors io chio era pi levato, per laffocato riso de la stella, che mi parea pi roggio che lusato. Con tutto l core e con quella favella chՏ una in tutti, a Dio feci olocausto, qual conveniesi a la grazia novella. E non er anco del mio petto essausto lardor del sacrificio, chio conobbi esso litare stato accetto e fausto; ch con tanto lucore e tanto robbi mapparvero splendor dentro a due raggi, chio dissi: O Els che s li addobbi!. Come distinta da minori e maggi lumi biancheggia tra poli del mondo Galassia s, che fa dubbiar ben saggi; s costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo. Qui vince la memoria mia lo ngegno; ch quella croce lampeggiava Cristo, s chio non so trovare essempro degno; ma chi prende sua croce e segue Cristo, ancor mi scuser di quel chio lasso, vedendo in quell albor balenar Cristo. Di corno in corno e tra la cima e l basso si movien lumi, scintillando forte nel congiugnersi insieme e nel trapasso: cos si veggion qui diritte e torte, veloci e tarde, rinovando vista, le minuzie di corpi, lunghe e corte, moversi per lo raggio onde si lista talvolta lombra che, per sua difesa, la gente con ingegno e arte acquista. E come giga e arpa, in tempra tesa di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non intesa, cos da lumi che l mapparinno saccogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender linno. Ben maccors io chelli era dalte lode, per cha me vena Resurgi e Vinci come a colui che non intende e ode. o minnamorava tanto quinci, che nfino a l non fu alcuna cosa che mi legasse con s dolci vinci. Forse la mia parola par troppo osa, posponendo il piacer de li occhi belli, ne quai mirando mio disio ha posa; ma chi savvede che i vivi suggelli dogne bellezza pi fanno pi suso, e chio non mera l rivolto a quelli, escusar puommi di quel chio maccuso per escusarmi, e vedermi dir vero: ch l piacer santo non qui dischiuso, perch si fa, montando, pi sincero. Paradiso Canto XV Benigna volontade in che si liqua sempre lamor che drittamente spira, come cupidit fa ne la iniqua, silenzio puose a quella dolce lira, e fece quetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia chio le pregassi, a tacer fur concorde? Bene che sanza termine si doglia chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. Quale per li seren tranquilli e puri discorre ad ora ad or sbito foco, movendo li occhi che stavan sicuri, e pare stella che tramuti loco, se non che da la parte ond e saccende nulla sen perde, ed esso dura poco: tale dal corno che n destro si stende a pi di quella croce corse un astro de la costellazion che l resplende; n si part la gemma dal suo nastro, ma per la lista radal trascorse, che parve foco dietro ad alabastro. S pa lombra dAnchise si porse, se fede merta nostra maggior musa, quando in Eliso del figlio saccorse. O sanguis meus, o superinfusa grata De, sicut tibi cui bis unquam celi iana reclusa?. Cos quel lume: ond io mattesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; ch dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, chio pensai co miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, chio non lo ntesi, s parl profondo; n per elezon mi si nascose, ma per necessit, ch l suo concetto al segno di mortal si soprapuose. E quando larco de lardente affetto fu s sfogato, che l parlar discese inver lo segno del nostro intelletto, la prima cosa che per me sintese, Benedetto sia tu, fu, trino e uno, che nel mio seme se tanto cortese!. E segu: Grato e lontano digiuno, tratto leggendo del magno volume du non si muta mai bianco n bruno, solvuto hai, figlio, dentro a questo lume in chio ti parlo, merc di colei cha lalto volo ti vest le piume. Tu credi che a me tuo pensier mei da quel chՏ primo, cos come raia da lun, se si conosce, il cinque e l sei; e per chio mi sia e perch io paia pi gaudoso a te, non mi domandi, che alcun altro in questa turba gaia. Tu credi l vero; ch i minori e grandi di questa vita miran ne lo speglio in che, prima che pensi, il pensier pandi; ma perch l sacro amore in che io veglio con perpeta vista e che masseta di dolce disar, sadempia meglio, la voce tua sicura, balda e lieta suoni la volont, suoni l disio, a che la mia risposta gi decreta!. Io mi volsi a Beatrice, e quella udio pria chio parlassi, e arrisemi un cenno che fece crescer lali al voler mio. Poi cominciai cos: Laffetto e l senno, come la prima equalit vapparse, dun peso per ciascun di voi si fenno, per che l sol che vallum e arse, col caldo e con la luce s iguali, che tutte simiglianze sono scarse. Ma voglia e argomento ne mortali, per la cagion cha voi manifesta, diversamente son pennuti in ali; ond io, che son mortal, mi sento in questa disagguaglianza, e per non ringrazio se non col core a la paterna festa. Ben supplico io a te, vivo topazio che questa gioia prezosa ingemmi, perch mi facci del tuo nome sazio. O fronda mia in che io compiacemmi pur aspettando, io fui la tua radice: cotal principio, rispondendo, femmi. Poscia mi disse: Quel da cui si dice tua cognazione e che cent anni e pie girato ha l monte in la prima cornice, mio figlio fu e tuo bisavol fue: ben si convien che la lunga fatica tu li raccorci con lopere tue. Fiorenza dentro da la cerchia antica, ond ella toglie ancora e terza e nona, si stava in pace, sobria e pudica. Non avea catenella, non corona, non gonne contigiate, non cintura che fosse a veder pi che la persona. Non faceva, nascendo, ancor paura la figlia al padre, che l tempo e la dote non fuggien quinci e quindi la misura. Non avea case di famiglia vte; non vera giunto ancor Sardanapalo a mostrar ci che n camera si puote. Non era vinto ancora Montemalo dal vostro Uccellatoio, che, com vinto nel montar s, cos sar nel calo. Bellincion Berti vid io andar cinto di cuoio e dosso, e venir da lo specchio la donna sua sanza l viso dipinto; e vidi quel di Nerli e quel del Vecchio esser contenti a la pelle scoperta, e le sue donne al fuso e al pennecchio. Oh fortunate! ciascuna era certa de la sua sepultura, e ancor nulla era per Francia nel letto diserta. Luna vegghiava a studio de la culla, e, consolando, usava lidoma che prima i padri e le madri trastulla; laltra, traendo a la rocca la chioma, favoleggiava con la sua famiglia di Troiani, di Fiesole e di Roma. Saria tenuta allor tal maraviglia una Cianghella, un Lapo Salterello, qual or saria Cincinnato e Corniglia. A cos riposato, a cos bello viver di cittadini, a cos fida cittadinanza, a cos dolce ostello, Maria mi di, chiamata in alte grida; e ne lantico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida. Moronto fu mio frate ed Eliseo; mia donna venne a me di val di Pado, e quindi il sopranome tuo si feo. Poi seguitai lo mperador Currado; ed el mi cinse de la sua milizia, tanto per bene ovrar li venni in grado. Dietro li andai incontro a la nequizia di quella legge il cui popolo usurpa, per colpa di pastor, vostra giustizia. Quivi fu io da quella gente turpa disviluppato dal mondo fallace, lo cui amor molt anime deturpa; e venni dal martiro a questa pace. Paradiso Canto XVI O poca nostra nobilt di sangue, se glorar di te la gente fai qua gi dove laffetto nostro langue, mirabil cosa non mi sar mai: ch l dove appetito non si torce, dico nel cielo, io me ne gloriai. Ben se tu manto che tosto raccorce: s che, se non sappon di d in die, lo tempo va dintorno con le force. Dal voi che prima a Roma sofferie, in che la sua famiglia men persevra, ricominciaron le parole mie; onde Beatrice, chera un poco scevra, ridendo, parve quella che tossio al primo fallo scritto di Ginevra. Io cominciai: Voi siete il padre mio; voi mi date a parlar tutta baldezza; voi mi levate s, chi son pi chio. Per tanti rivi sempie dallegrezza la mente mia, che di s fa letizia perch pu sostener che non si spezza. Ditemi dunque, cara mia primizia, quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni che si segnaro in vostra perizia; ditemi de lovil di San Giovanni quanto era allora, e chi eran le genti tra esso degne di pi alti scanni. Come savviva a lo spirar di venti carbone in fiamma, cos vid io quella luce risplendere a miei blandimenti; e come a li occhi miei si f pi bella, cos con voce pi dolce e soave, ma non con questa moderna favella, dissemi: Da quel d che fu detto Ave al parto in che mia madre, chՏ or santa, sallev di me ond era grave, al suo Leon cinquecento cinquanta e trenta fiate venne questo foco a rinfiammarsi sotto la sua pianta. Li antichi miei e io nacqui nel loco dove si truova pria lultimo sesto da quei che corre il vostro annal gioco. Basti di miei maggiori udirne questo: chi ei si fosser e onde venner quivi, pi tacer che ragionare onesto. Tutti color cha quel tempo eran ivi da poter arme tra Marte e l Batista, eran il quinto di quei chor son vivi. Ma la cittadinanza, chՏ or mista di Campi, di Certaldo e di Fegghine, pura vediesi ne lultimo artista. Oh quanto fora meglio esser vicine quelle genti chio dico, e al Galluzzo e a Trespiano aver vostro confine, che averle dentro e sostener lo puzzo del villan dAguglion, di quel da Signa, che gi per barattare ha locchio aguzzo! Se la gente chal mondo pi traligna non fosse stata a Cesare noverca, ma come madre a suo figlio benigna, tal fatto fiorentino e cambia e merca, che si sarebbe vlto a Simifonti, l dove andava lavolo a la cerca; sariesi Montemurlo ancor de Conti; sarieno i Cerchi nel piovier dAcone, e forse in Valdigrieve i Buondelmonti. Sempre la confusion de le persone principio fu del mal de la cittade, come del vostro il cibo che sappone; e cieco toro pi avaccio cade che cieco agnello; e molte volte taglia pi e meglio una che le cinque spade. Se tu riguardi Luni e Orbisaglia come sono ite, e come se ne vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia, udir come le schiatte si disfanno non ti parr nova cosa n forte, poscia che le cittadi termine hanno. Le vostre cose tutte hanno lor morte, s come voi; ma celasi in alcuna che dura molto, e le vite son corte. E come l volger del ciel de la luna cuopre e discuopre i liti sanza posa, cos fa di Fiorenza la Fortuna: per che non dee parer mirabil cosa ci chio dir de li alti Fiorentini onde la fama nel tempo nascosa. Io vidi li Ughi e vidi i Catellini, Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi, gi nel calare, illustri cittadini; e vidi cos grandi come antichi, con quel de la Sannella, quel de lArca, e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi. Sovra la porta chal presente carca di nova fellonia di tanto peso che tosto fia iattura de la barca, erano i Ravignani, ond disceso il conte Guido e qualunque del nome de lalto Bellincione ha poscia preso. Quel de la Pressa sapeva gi come regger si vuole, e avea Galigaio dorata in casa sua gi lelsa e l pome. Grand era gi la colonna del Vaio, Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci e Galli e quei charrossan per lo staio. Lo ceppo di che nacquero i Calfucci era gi grande, e gi eran tratti a le curule Sizii e Arrigucci. Oh quali io vidi quei che son disfatti per lor superbia! e le palle de loro fiorian Fiorenza in tutt i suoi gran fatti. Cos facieno i padri di coloro che, sempre che la vostra chiesa vaca, si fanno grassi stando a consistoro. Loltracotata schiatta che sindraca dietro a chi fugge, e a chi mostra l dente o ver la borsa, com agnel si placa, gi vena s, ma di picciola gente; s che non piacque ad Ubertin Donato che po il suocero il f lor parente. Gi era l Caponsacco nel mercato disceso gi da Fiesole, e gi era buon cittadino Giuda e Infangato. Io dir cosa incredibile e vera: nel picciol cerchio sentrava per porta che si nomava da quei de la Pera. Ciascun che de la bella insegna porta del gran barone il cui nome e l cui pregio la festa di Tommaso riconforta, da esso ebbe milizia e privilegio; avvegna che con popol si rauni oggi colui che la fascia col fregio. Gi eran Gualterotti e Importuni; e ancor saria Borgo pi queto, se di novi vicin fosser digiuni. La casa di che nacque il vostro fleto, per lo giusto disdegno che vha morti e puose fine al vostro viver lieto, era onorata, essa e suoi consorti: o Buondelmonte, quanto mal fuggisti le nozze se per li altrui conforti! Molti sarebber lieti, che son tristi, se Dio tavesse conceduto ad Ema la prima volta cha citt venisti. Ma conveniesi a quella pietra scema che guarda l ponte, che Fiorenza fesse vittima ne la sua pace postrema. Con queste genti, e con altre con esse, vid io Fiorenza in s fatto riposo, che non avea cagione onde piangesse. Con queste genti vidio gloroso e giusto il popol suo, tanto che l giglio non era ad asta mai posto a ritroso, n per divison fatto vermiglio. Paradiso Canto XVII Qual venne a Climen, per accertarsi di ci chava incontro a s udito, quei chancor fa li padri ai figli scarsi; tal era io, e tal era sentito e da Beatrice e da la santa lampa che pria per me avea mutato sito. Per che mia donna Manda fuor la vampa del tuo disio, mi disse, s chella esca segnata bene de la interna stampa: non perch nostra conoscenza cresca per tuo parlare, ma perch tausi a dir la sete, s che luom ti mesca. O cara piota mia che s tinsusi, che, come veggion le terrene menti non capere in trangol due ottusi, cos vedi le cose contingenti anzi che sieno in s, mirando il punto a cui tutti li tempi son presenti; mentre chio era a Virgilio congiunto su per lo monte che lanime cura e discendendo nel mondo defunto, dette mi fuor di mia vita futura parole gravi, avvegna chio mi senta ben tetragono ai colpi di ventura; per che la voglia mia saria contenta dintender qual fortuna mi sappressa: ch saetta previsa vien pi lenta. Cos diss io a quella luce stessa che pria mavea parlato; e come volle Beatrice, fu la mia voglia confessa. N per ambage, in che la gente folle gi sinviscava pria che fosse anciso lAgnel di Dio che le peccata tolle, ma per chiare parole e con preciso latin rispuose quello amor paterno, chiuso e parvente del suo proprio riso: La contingenza, che fuor del quaderno de la vostra matera non si stende, tutta dipinta nel cospetto etterno; necessit per quindi non prende se non come dal viso in che si specchia nave che per torrente gi discende. Da indi, s come viene ad orecchia dolce armonia da organo, mi viene a vista il tempo che ti sapparecchia. Qual si partio Ipolito dAtene per la spietata e perfida noverca, tal di Fiorenza partir ti convene. Questo si vuole e questo gi si cerca, e tosto verr fatto a chi ci pensa l dove Cristo tutto d si merca. La colpa seguir la parte offensa in grido, come suol; ma la vendetta fia testimonio al ver che la dispensa. Tu lascerai ogne cosa diletta pi caramente; e questo quello strale che larco de lo essilio pria saetta. Tu proverai s come sa di sale lo pane altrui, e come duro calle lo scendere e l salir per laltrui scale. E quel che pi ti graver le spalle, sar la compagnia malvagia e scempia con la qual tu cadrai in questa valle; che tutta ingrata, tutta matta ed empia si far contr a te; ma, poco appresso, ella, non tu, navr rossa la tempia. Di sua bestialitate il suo processo far la prova; s cha te fia bello averti fatta parte per te stesso. Lo primo tuo refugio e l primo ostello sar la cortesia del gran Lombardo che n su la scala porta il santo uccello; chin te avr s benigno riguardo, che del fare e del chieder, tra voi due, fia primo quel che tra li altri pi tardo. Con lui vedrai colui che mpresso fue, nascendo, s da questa stella forte, che notabili fier lopere sue. Non se ne son le genti ancora accorte per la novella et, ch pur nove anni son queste rote intorno di lui torte; ma pria che l Guasco lalto Arrigo inganni, parran faville de la sua virtute in non curar dargento n daffanni. Le sue magnificenze conosciute saranno ancora, s che suoi nemici non ne potran tener le lingue mute. A lui taspetta e a suoi benefici; per lui fia trasmutata molta gente, cambiando condizion ricchi e mendici; e porterane scritto ne la mente di lui, e nol dirai; e disse cose incredibili a quei che fier presente. Poi giunse: Figlio, queste son le chiose di quel che ti fu detto; ecco le nsidie che dietro a pochi giri son nascose. Non vo per cha tuoi vicini invidie, poscia che sinfutura la tua vita vie pi l che l punir di lor perfidie. Poi che, tacendo, si mostr spedita lanima santa di metter la trama in quella tela chio le porsi ordita, io cominciai, come colui che brama, dubitando, consiglio da persona che vede e vuol dirittamente e ama: Ben veggio, padre mio, s come sprona lo tempo verso me, per colpo darmi tal, chՏ pi grave a chi pi sabbandona; per che di provedenza buon chio marmi, s che, se loco mՏ tolto pi caro, io non perdessi li altri per miei carmi. Gi per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che sio ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e sio al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico. La luce in che rideva il mio tesoro chio trovai l, si f prima corusca, quale a raggio di sole specchio doro; indi rispuose: Coscenza fusca o de la propria o de laltrui vergogna pur sentir la tua parola brusca. Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, tutta tua vison fa manifesta; e lascia pur grattar dov la rogna. Ch se la voce tua sar molesta nel primo gusto, vital nodrimento lascer poi, quando sar digesta. Questo tuo grido far come vento, che le pi alte cime pi percuote; e ci non fa donor poco argomento. Per ti son mostrate in queste rote, nel monte e ne la valle dolorosa pur lanime che son di fama note, che lanimo di quel chode, non posa n ferma fede per essempro chaia la sua radice incognita e ascosa, n per altro argomento che non paia. Paradiso Canto XVIII Gi si godeva solo del suo verbo quello specchio beato, e io gustava lo mio, temprando col dolce lacerbo; e quella donna cha Dio mi menava disse: Muta pensier; pensa chi sono presso a colui chogne torto disgrava. Io mi rivolsi a lamoroso suono del mio conforto; e qual io allor vidi ne li occhi santi amor, qui labbandono: non perch io pur del mio parlar diffidi, ma per la mente che non pu redire sovra s tanto, saltri non la guidi. Tanto poss io di quel punto ridire, che, rimirando lei, lo mio affetto libero fu da ogne altro disire, fin che l piacere etterno, che diretto raggiava in Batrice, dal bel viso mi contentava col secondo aspetto. Vincendo me col lume dun sorriso, ella mi disse: Volgiti e ascolta; ch non pur ne miei occhi paradiso. Come si vede qui alcuna volta laffetto ne la vista, selli tanto, che da lui sia tutta lanima tolta, cos nel fiammeggiar del folgr santo, a chio mi volsi, conobbi la voglia in lui di ragionarmi ancora alquanto. El cominci: In questa quinta soglia de lalbero che vive de la cima e frutta sempre e mai non perde foglia, spiriti son beati, che gi, prima che venissero al ciel, fuor di gran voce, s chogne musa ne sarebbe opima. Per mira ne corni de la croce: quello chio nomer, l far latto che fa in nube il suo foco veloce. Io vidi per la croce un lume tratto dal nomar Iosu, com el si feo; n mi fu noto il dir prima che l fatto. E al nome de lalto Macabeo vidi moversi un altro roteando, e letizia era ferza del paleo. Cos per Carlo Magno e per Orlando due ne segu lo mio attento sguardo, com occhio segue suo falcon volando. Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo e l duca Gottifredi la mia vista per quella croce, e Ruberto Guiscardo. Indi, tra laltre luci mota e mista, mostrommi lalma che mavea parlato qual era tra i cantor del cielo artista. Io mi rivolsi dal mio destro lato per vedere in Beatrice il mio dovere, o per parlare o per atto, segnato; e vidi le sue luci tanto mere, tanto gioconde, che la sua sembianza vinceva li altri e lultimo solere. E come, per sentir pi dilettanza bene operando, luom di giorno in giorno saccorge che la sua virtute avanza, s maccors io che l mio girare intorno col cielo insieme avea cresciuto larco, veggendo quel miracol pi addorno. E qual l trasmutare in picciol varco di tempo in bianca donna, quando l volto suo si discarchi di vergogna il carco, tal fu ne li occhi miei, quando fui vlto, per lo candor de la temprata stella sesta, che dentro a s mavea ricolto. Io vidi in quella gioval facella lo sfavillar de lamor che l era segnare a li occhi miei nostra favella. E come augelli surti di rivera, quasi congratulando a lor pasture, fanno di s or tonda or altra schiera, s dentro ai lumi sante creature volitando cantavano, e faciensi or D, or I, or L in sue figure. Prima, cantando, a sua nota moviensi; poi, diventando lun di questi segni, un poco sarrestavano e taciensi. O diva Pegasa che li ngegni fai glorosi e rendili longevi, ed essi teco le cittadi e regni, illustrami di te, s chio rilevi le lor figure com io lho concette: paia tua possa in questi versi brevi! Mostrarsi dunque in cinque volte sette vocali e consonanti; e io notai le parti s, come mi parver dette. DILIGITE IUSTITIAM, primai fur verbo e nome di tutto l dipinto; QUI IUDICATIS TERRAM, fur sezzai. Poscia ne lemme del vocabol quinto rimasero ordinate; s che Giove pareva argento l doro distinto. E vidi scendere altre luci dove era il colmo de lemme, e l quetarsi cantando, credo, il ben cha s le move. Poi, come nel percuoter di ciocchi arsi surgono innumerabili faville, onde li stolti sogliono agurarsi, resurger parver quindi pi di mille luci e salir, qual assai e qual poco, s come l sol che laccende sortille; e quetata ciascuna in suo loco, la testa e l collo dunaguglia vidi rappresentare a quel distinto foco. Quei che dipinge l, non ha chi l guidi; ma esso guida, e da lui si rammenta quella virt chՏ forma per li nidi. Laltra batitudo, che contenta pareva prima dingigliarsi a lemme, con poco moto seguit la mprenta. O dolce stella, quali e quante gemme mi dimostraro che nostra giustizia effetto sia del ciel che tu ingemme! Per chio prego la mente in che sinizia tuo moto e tua virtute, che rimiri ond esce il fummo che l tuo raggio vizia; s chunaltra fata omai sadiri del comperare e vender dentro al templo che si mur di segni e di martri. O milizia del ciel cu io contemplo, adora per color che sono in terra tutti svati dietro al malo essemplo! Gi si solea con le spade far guerra; ma or si fa togliendo or qui or quivi lo pan che l po Padre a nessun serra. Ma tu che sol per cancellare scrivi, pensa che Pietro e Paulo, che moriro per la vigna che guasti, ancor son vivi. Ben puoi tu dire: I ho fermo l disiro s a colui che volle viver solo e che per salti fu tratto al martiro, chio non conosco il pescator n Polo. Paradiso Canto XIX Parea dinanzi a me con lali aperte la bella image che nel dolce frui liete facevan lanime conserte; parea ciascuna rubinetto in cui raggio di sole ardesse s acceso, che ne miei occhi rifrangesse lui. E quel che mi convien ritrar testeso, non port voce mai, n scrisse incostro, n fu per fantasia gi mai compreso; chio vidi e anche udi parlar lo rostro, e sonar ne la voce e io e mio, quand era nel concetto e noi e nostro. E cominci: Per esser giusto e pio son io qui essaltato a quella gloria che non si lascia vincere a disio; e in terra lasciai la mia memoria s fatta, che le genti l malvage commendan lei, ma non seguon la storia. Cos un sol calor di molte brage si fa sentir, come di molti amori usciva solo un suon di quella image. Ond io appresso: O perpeti fiori de letterna letizia, che pur uno parer mi fate tutti vostri odori, solvetemi, spirando, il gran digiuno che lungamente mha tenuto in fame, non trovandoli in terra cibo alcuno. Ben so io che, se n cielo altro reame la divina giustizia fa suo specchio, che l vostro non lapprende con velame. Sapete come attento io mapparecchio ad ascoltar; sapete qual quello dubbio che mՏ digiun cotanto vecchio. Quasi falcone chesce del cappello, move la testa e con lali si plaude, voglia mostrando e faccendosi bello, vid io farsi quel segno, che di laude de la divina grazia era contesto, con canti quai si sa chi l s gaude. Poi cominci: Colui che volse il sesto a lo stremo del mondo, e dentro ad esso distinse tanto occulto e manifesto, non pot suo valor s fare impresso in tutto luniverso, che l suo verbo non rimanesse in infinito eccesso. E ci fa certo che l primo superbo, che fu la somma dogne creatura, per non aspettar lume, cadde acerbo; e quinci appar chogne minor natura corto recettacolo a quel bene che non ha fine e s con s misura. Dunque vostra veduta, che convene esser alcun de raggi de la mente di che tutte le cose son ripiene, non p da sua natura esser possente tanto, che suo principio discerna molto di l da quel che lՏ parvente. Per ne la giustizia sempiterna la vista che riceve il vostro mondo, com occhio per lo mare, entro sinterna; che, ben che da la proda veggia il fondo, in pelago nol vede; e nondimeno li, ma cela lui lesser profondo. Lume non , se non vien dal sereno che non si turba mai; anzi tenbra od ombra de la carne o suo veleno. Assai tՏ mo aperta la latebra che tascondeva la giustizia viva, di che facei question cotanto crebra; ch tu dicevi: Un uom nasce a la riva de lIndo, e quivi non chi ragioni di Cristo n chi legga n chi scriva; e tutti suoi voleri e atti buoni sono, quanto ragione umana vede, sanza peccato in vita o in sermoni. Muore non battezzato e sanza fede: ov questa giustizia che l condanna? ov la colpa sua, se ei non crede?. Or tu chi se, che vuo sedere a scranna, per giudicar di lungi mille miglia con la veduta corta duna spanna? Certo a colui che meco sassottiglia, se la Scrittura sovra voi non fosse, da dubitar sarebbe a maraviglia. Oh terreni animali! oh menti grosse! La prima volont, chՏ da s buona, da s, chՏ sommo ben, mai non si mosse. Cotanto giusto quanto a lei consuona: nullo creato bene a s la tira, ma essa, radando, lui cagiona. Quale sovresso il nido si rigira poi cha pasciuti la cicogna i figli, e come quel chՏ pasto la rimira; cotal si fece, e s levi i cigli, la benedetta imagine, che lali movea sospinte da tanti consigli. Roteando cantava, e dicea: Quali son le mie note a te, che non le ntendi, tal il giudicio etterno a voi mortali. Poi si quetaro quei lucenti incendi de lo Spirito Santo ancor nel segno che f i Romani al mondo reverendi, esso ricominci: A questo regno non sal mai chi non credette n Cristo, n pria n poi chel si chiavasse al legno. Ma vedi: molti gridan Cristo, Cristo!, che saranno in giudicio assai men prope a lui, che tal che non conosce Cristo; e tai Cristian danner lEtpe, quando si partiranno i due collegi, luno in etterno ricco e laltro inpe. Che poran dir li Perse a vostri regi, come vedranno quel volume aperto nel qual si scrivon tutti suoi dispregi? L si vedr, tra lopere dAlberto, quella che tosto mover la penna, per che l regno di Praga fia diserto. L si vedr il duol che sovra Senna induce, falseggiando la moneta, quel che morr di colpo di cotenna. L si vedr la superbia chasseta, che fa lo Scotto e lInghilese folle, s che non pu soffrir dentro a sua meta. Vedrassi la lussuria e l viver molle di quel di Spagna e di quel di Boemme, che mai valor non conobbe n volle. Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme segnata con un i la sua bontate, quando l contrario segner un emme. Vedrassi lavarizia e la viltate di quei che guarda lisola del foco, ove Anchise fin la lunga etate; e a dare ad intender quanto poco, la sua scrittura fian lettere mozze, che noteranno molto in parvo loco. E parranno a ciascun lopere sozze del barba e del fratel, che tanto egregia nazione e due corone han fatte bozze. E quel di Portogallo e di Norvegia l si conosceranno, e quel di Rascia che male ha visto il conio di Vinegia. Oh beata Ungheria, se non si lascia pi malmenare! e beata Navarra, se sarmasse del monte che la fascia! E creder de ciascun che gi, per arra di questo, Niccosa e Famagosta per la lor bestia si lamenti e garra, che dal fianco de laltre non si scosta. Paradiso Canto XX Quando colui che tutto l mondo alluma de lemisperio nostro s discende, che l giorno dogne parte si consuma, lo ciel, che sol di lui prima saccende, subitamente si rif parvente per molte luci, in che una risplende; e questo atto del ciel mi venne a mente, come l segno del mondo e de suoi duci nel benedetto rostro fu tacente; per che tutte quelle vive luci, vie pi lucendo, cominciaron canti da mia memoria labili e caduci. O dolce amor che di riso tammanti, quanto parevi ardente in que flailli, chavieno spirto sol di pensier santi! Poscia che i cari e lucidi lapilli ond io vidi ingemmato il sesto lume puoser silenzio a li angelici squilli, udir mi parve un mormorar di fiume che scende chiaro gi di pietra in pietra, mostrando lubert del suo cacume. E come suono al collo de la cetra prende sua forma, e s com al pertugio de la sampogna vento che pentra, cos, rimosso daspettare indugio, quel mormorar de laguglia salissi su per lo collo, come fosse bugio. Fecesi voce quivi, e quindi uscissi per lo suo becco in forma di parole, quali aspettava il core ov io le scrissi. La parte in me che vede e pate il sole ne laguglie mortali, incominciommi, or fisamente riguardar si vole, perch di fuochi ond io figura fommi, quelli onde locchio in testa mi scintilla, e di tutti lor gradi son li sommi. Colui che luce in mezzo per pupilla, fu il cantor de lo Spirito Santo, che larca traslat di villa in villa: ora conosce il merto del suo canto, in quanto effetto fu del suo consiglio, per lo remunerar chՏ altrettanto. Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio, colui che pi al becco mi saccosta, la vedovella consol del figlio: ora conosce quanto caro costa non seguir Cristo, per lesperenza di questa dolce vita e de lopposta. E quel che segue in la circunferenza di che ragiono, per larco superno, morte indugi per vera penitenza: ora conosce che l giudicio etterno non si trasmuta, quando degno preco fa crastino l gi de loderno. Laltro che segue, con le leggi e meco, sotto buona intenzion che f mal frutto, per cedere al pastor si fece greco: ora conosce come il mal dedutto dal suo bene operar non li nocivo, avvegna che sia l mondo indi distrutto. E quel che vedi ne larco declivo, Guiglielmo fu, cui quella terra plora che piagne Carlo e Federigo vivo: ora conosce come sinnamora lo ciel del giusto rege, e al sembiante del suo fulgore il fa vedere ancora. Chi crederebbe gi nel mondo errante che Rifo Troiano in questo tondo fosse la quinta de le luci sante? Ora conosce assai di quel che l mondo veder non pu de la divina grazia, ben che sua vista non discerna il fondo. Quale allodetta che n aere si spazia prima cantando, e poi tace contenta de lultima dolcezza che la sazia, tal mi sembi limago de la mprenta de letterno piacere, al cui disio ciascuna cosa qual ell diventa. E avvegna chio fossi al dubbiar mio l quasi vetro a lo color chel veste, tempo aspettar tacendo non patio, ma de la bocca, Che cose son queste?, mi pinse con la forza del suo peso: per chio di coruscar vidi gran feste. Poi appresso, con locchio pi acceso, lo benedetto segno mi rispuose per non tenermi in ammirar sospeso: Io veggio che tu credi queste cose perch io le dico, ma non vedi come; s che, se son credute, sono ascose. Fai come quei che la cosa per nome apprende ben, ma la sua quiditate veder non pu se altri non la prome. Regnum celorum volenza pate da caldo amore e da viva speranza, che vince la divina volontate: non a guisa che lomo a lom sobranza, ma vince lei perch vuole esser vinta, e, vinta, vince con sua beninanza. La prima vita del ciglio e la quinta ti fa maravigliar, perch ne vedi la regon de li angeli dipinta. Di corpi suoi non uscir, come credi, Gentili, ma Cristiani, in ferma fede quel di passuri e quel di passi piedi. Ch luna de lo nferno, u non si riede gi mai a buon voler, torn a lossa; e ci di viva spene fu mercede: di viva spene, che mise la possa ne prieghi fatti a Dio per suscitarla, s che potesse sua voglia esser mossa. Lanima glorosa onde si parla, tornata ne la carne, in che fu poco, credette in lui che pota aiutarla; e credendo saccese in tanto foco di vero amor, cha la morte seconda fu degna di venire a questo gioco. Laltra, per grazia che da s profonda fontana stilla, che mai creatura non pinse locchio infino a la prima onda, tutto suo amor l gi pose a drittura: per che, di grazia in grazia, Dio li aperse locchio a la nostra redenzion futura; ond ei credette in quella, e non sofferse da indi il puzzo pi del paganesmo; e riprendiene le genti perverse. Quelle tre donne li fur per battesmo che tu vedesti da la destra rota, dinanzi al battezzar pi dun millesmo. O predestinazion, quanto remota la radice tua da quelli aspetti che la prima cagion non veggion tota! E voi, mortali, tenetevi stretti a giudicar: ch noi, che Dio vedemo, non conosciamo ancor tutti li eletti; ed nne dolce cos fatto scemo, perch il ben nostro in questo ben saffina, che quel che vole Iddio, e noi volemo. Cos da quella imagine divina, per farmi chiara la mia corta vista, data mi fu soave medicina. E come a buon cantor buon citarista fa seguitar lo guizzo de la corda, in che pi di piacer lo canto acquista, s, mentre che parl, s mi ricorda chio vidi le due luci benedette, pur come batter docchi si concorda, con le parole mover le fiammette. Paradiso Canto XXI Gi eran li occhi miei rifissi al volto de la mia donna, e lanimo con essi, e da ogne altro intento sera tolto. E quella non ridea; ma Sio ridessi, mi cominci, tu ti faresti quale fu Semel quando di cener fessi: ch la bellezza mia, che per le scale de letterno palazzo pi saccende, com hai veduto, quanto pi si sale, se non si temperasse, tanto splende, che l tuo mortal podere, al suo fulgore, sarebbe fronda che trono scoscende. Noi sem levati al settimo splendore, che sotto l petto del Leone ardente raggia mo misto gi del suo valore. Ficca di retro a li occhi tuoi la mente, e fa di quelli specchi a la figura che n questo specchio ti sar parvente. Qual savesse qual era la pastura del viso mio ne laspetto beato quand io mi trasmutai ad altra cura, conoscerebbe quanto mera a grato ubidire a la mia celeste scorta, contrapesando lun con laltro lato. Dentro al cristallo che l vocabol porta, cerchiando il mondo, del suo caro duce sotto cui giacque ogne malizia morta, di color doro in che raggio traluce vid io uno scaleo eretto in suso tanto, che nol seguiva la mia luce. Vidi anche per li gradi scender giuso tanti splendor, chio pensai chogne lume che par nel ciel, quindi fosse diffuso. E come, per lo natural costume, le pole insieme, al cominciar del giorno, si movono a scaldar le fredde piume; poi altre vanno via sanza ritorno, altre rivolgon s onde son mosse, e altre roteando fan soggiorno; tal modo parve me che quivi fosse in quello sfavillar che nsieme venne, s come in certo grado si percosse. E quel che presso pi ci si ritenne, si f s chiaro, chio dicea pensando: Io veggio ben lamor che tu maccenne. Ma quella ond io aspetto il come e l quando del dire e del tacer, si sta; ond io, contra l disio, fo ben chio non dimando. Per chella, che veda il tacer mio nel veder di colui che tutto vede, mi disse: Solvi il tuo caldo disio. E io incominciai: La mia mercede non mi fa degno de la tua risposta; ma per colei che l chieder mi concede, vita beata che ti stai nascosta dentro a la tua letizia, fammi nota la cagion che s presso mi tha posta; e d perch si tace in questa rota la dolce sinfonia di paradiso, che gi per laltre suona s divota. Tu hai ludir mortal s come il viso, rispuose a me; onde qui non si canta per quel che Batrice non ha riso. Gi per li gradi de la scala santa discesi tanto sol per farti festa col dire e con la luce che mi ammanta; n pi amor mi fece esser pi presta, ch pi e tanto amor quinci s ferve, s come il fiammeggiar ti manifesta. Ma lalta carit, che ci fa serve pronte al consiglio che l mondo governa, sorteggia qui s come tu osserve. Io veggio ben, diss io, sacra lucerna, come libero amore in questa corte basta a seguir la provedenza etterna; ma questo quel cha cerner mi par forte, perch predestinata fosti sola a questo officio tra le tue consorte. N venni prima a lultima parola, che del suo mezzo fece il lume centro, girando s come veloce mola; poi rispuose lamor che vera dentro: Luce divina sopra me sappunta, penetrando per questa in chio minventro, la cui virt, col mio veder congiunta, mi leva sopra me tanto, chi veggio la somma essenza de la quale munta. Quinci vien lallegrezza ond io fiammeggio; per cha la vista mia, quant ella chiara, la chiarit de la fiamma pareggio. Ma quell alma nel ciel che pi si schiara, quel serafin che n Dio pi locchio ha fisso, a la dimanda tua non satisfara, per che s sinnoltra ne lo abisso de letterno statuto quel che chiedi, che da ogne creata vista scisso. E al mondo mortal, quando tu riedi, questo rapporta, s che non presumma a tanto segno pi mover li piedi. La mente, che qui luce, in terra fumma; onde riguarda come pu l gie quel che non pote perch l ciel lassumma. S mi prescrisser le parole sue, chio lasciai la quistione e mi ritrassi a dimandarla umilmente chi fue. Tra due liti dItalia surgon sassi, e non molto distanti a la tua patria, tanto che troni assai suonan pi bassi, e fanno un gibbo che si chiama Catria, di sotto al quale consecrato un ermo, che suole esser disposto a sola latria. Cos ricominciommi il terzo sermo; e poi, continando, disse: Quivi al servigio di Dio mi fe s fermo, che pur con cibi di liquor dulivi lievemente passava caldi e geli, contento ne pensier contemplativi. Render solea quel chiostro a questi cieli fertilemente; e ora fatto vano, s che tosto convien che si riveli. In quel loco fu io Pietro Damiano, e Pietro Peccator fu ne la casa di Nostra Donna in sul lito adriano. Poca vita mortal mera rimasa, quando fui chiesto e tratto a quel cappello, che pur di male in peggio si travasa. Venne Cefs e venne il gran vasello de lo Spirito Santo, magri e scalzi, prendendo il cibo da qualunque ostello. Or voglion quinci e quindi chi rincalzi li moderni pastori e chi li meni, tanto son gravi, e chi di rietro li alzi. Cuopron di manti loro i palafreni, s che due bestie van sott una pelle: oh pazenza che tanto sostieni!. A questa voce vid io pi fiammelle di grado in grado scendere e girarsi, e ogne giro le facea pi belle. Dintorno a questa vennero e fermarsi, e fero un grido di s alto suono, che non potrebbe qui assomigliarsi; n io lo ntesi, s mi vinse il tuono. Paradiso Canto XXII Oppresso di stupore, a la mia guida mi volsi, come parvol che ricorre sempre col dove pi si confida; e quella, come madre che soccorre sbito al figlio palido e anelo con la sua voce, che l suol ben disporre, mi disse: Non sai tu che tu se in cielo? e non sai tu che l cielo tutto santo, e ci che ci si fa vien da buon zelo? Come tavrebbe trasmutato il canto, e io ridendo, mo pensar lo puoi, poscia che l grido tha mosso cotanto; nel qual, se nteso avessi i prieghi suoi, gi ti sarebbe nota la vendetta che tu vedrai innanzi che tu muoi. La spada di qua s non taglia in fretta n tardo, ma chal parer di colui che disando o temendo laspetta. Ma rivolgiti omai inverso altrui; chassai illustri spiriti vedrai, se com io dico laspetto redui. Come a lei piacque, li occhi ritornai, e vidi cento sperule che nsieme pi sabbellivan con muti rai. Io stava come quei che n s repreme la punta del disio, e non sattenta di domandar, s del troppo si teme; e la maggiore e la pi luculenta di quelle margherite innanzi fessi, per far di s la mia voglia contenta. Poi dentro a lei udi: Se tu vedessi com io la carit che tra noi arde, li tuoi concetti sarebbero espressi. Ma perch tu, aspettando, non tarde a lalto fine, io ti far risposta pur al pensier, da che s ti riguarde. Quel monte a cui Cassino ne la costa fu frequentato gi in su la cima da la gente ingannata e mal disposta; e quel son io che s vi portai prima lo nome di colui che n terra addusse la verit che tanto ci soblima; e tanta grazia sopra me relusse, chio ritrassi le ville circunstanti da lempio clto che l mondo sedusse. Questi altri fuochi tutti contemplanti uomini fuoro, accesi di quel caldo che fa nascere i fiori e frutti santi. Qui Maccario, qui Romoaldo, qui son li frati miei che dentro ai chiostri fermar li piedi e tennero il cor saldo. E io a lui: Laffetto che dimostri meco parlando, e la buona sembianza chio veggio e noto in tutti li ardor vostri, cos mha dilatata mia fidanza, come l sol fa la rosa quando aperta tanto divien quant ell ha di possanza. Per ti priego, e tu, padre, maccerta sio posso prender tanta grazia, chio ti veggia con imagine scoverta. Ond elli: Frate, il tuo alto disio sadempier in su lultima spera, ove sadempion tutti li altri e l mio. Ivi perfetta, matura e intera ciascuna disanza; in quella sola ogne parte l ove sempr era, perch non in loco e non simpola; e nostra scala infino ad essa varca, onde cos dal viso ti sinvola. Infin l s la vide il patriarca Iacobbe porger la superna parte, quando li apparve dangeli s carca. Ma, per salirla, mo nessun diparte da terra i piedi, e la regola mia rimasa per danno de le carte. Le mura che solieno esser badia fatte sono spelonche, e le cocolle sacca son piene di farina ria. Ma grave usura tanto non si tolle contra l piacer di Dio, quanto quel frutto che fa il cor de monaci s folle; ch quantunque la Chiesa guarda, tutto de la gente che per Dio dimanda; non di parenti n daltro pi brutto. La carne di mortali tanto blanda, che gi non basta buon cominciamento dal nascer de la quercia al far la ghianda. Pier cominci sanz oro e sanz argento, e io con orazione e con digiuno, e Francesco umilmente il suo convento; e se guardi l principio di ciascuno, poscia riguardi l dov trascorso, tu vederai del bianco fatto bruno. Veramente Iordan vlto retrorso pi fu, e l mar fuggir, quando Dio volse, mirabile a veder che qui l soccorso. Cos mi disse, e indi si raccolse al suo collegio, e l collegio si strinse; poi, come turbo, in s tutto savvolse. La dolce donna dietro a lor mi pinse con un sol cenno su per quella scala, s sua virt la mia natura vinse; n mai qua gi dove si monta e cala naturalmente, fu s ratto moto chagguagliar si potesse a la mia ala. Sio torni mai, lettore, a quel divoto trunfo per lo quale io piango spesso le mie peccata e l petto mi percuoto, tu non avresti in tanto tratto e messo nel foco il dito, in quant io vidi l segno che segue il Tauro e fui dentro da esso. O glorose stelle, o lume pregno di gran virt, dal quale io riconosco tutto, qual che si sia, il mio ingegno, con voi nasceva e sascondeva vosco quelli chՏ padre dogne mortal vita, quand io senti di prima laere tosco; e poi, quando mi fu grazia largita dentrar ne lalta rota che vi gira, la vostra regon mi fu sortita. A voi divotamente ora sospira lanima mia, per acquistar virtute al passo forte che a s la tira. Tu se s presso a lultima salute, cominci Batrice, che tu dei aver le luci tue chiare e acute; e per, prima che tu pi tinlei, rimira in gi, e vedi quanto mondo sotto li piedi gi esser ti fei; s che l tuo cor, quantunque pu, giocondo sappresenti a la turba trunfante che lieta vien per questo etera tondo. Col viso ritornai per tutte quante le sette spere, e vidi questo globo tal, chio sorrisi del suo vil sembiante; e quel consiglio per migliore approbo che lha per meno; e chi ad altro pensa chiamar si puote veramente probo. Vidi la figlia di Latona incensa sanza quell ombra che mi fu cagione per che gi la credetti rara e densa. Laspetto del tuo nato, Iperone, quivi sostenni, e vidi com si move circa e vicino a lui Maia e Done. Quindi mapparve il temperar di Giove tra l padre e l figlio; e quindi mi fu chiaro il varar che fanno di lor dove; e tutti e sette mi si dimostraro quanto son grandi e quanto son veloci e come sono in distante riparo. Laiuola che ci fa tanto feroci, volgendom io con li etterni Gemelli, tutta mapparve da colli a le foci; poscia rivolsi li occhi a li occhi belli. Paradiso Canto XXIII Come laugello, intra lamate fronde, posato al nido de suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde, che, per veder li aspetti disati e per trovar lo cibo onde li pasca, in che gravi labor li sono aggrati, previene il tempo in su aperta frasca, e con ardente affetto il sole aspetta, fiso guardando pur che lalba nasca; cos la donna ma stava eretta e attenta, rivolta inver la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta: s che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual quei che disando altro vorria, e sperando sappaga. Ma poco fu tra uno e altro quando, del mio attender, dico, e del vedere lo ciel venir pi e pi rischiarando; e Batrice disse: Ecco le schiere del trunfo di Cristo e tutto l frutto ricolto del girar di queste spere!. Pariemi che l suo viso ardesse tutto, e li occhi avea di letizia s pieni, che passarmen convien sanza costrutto. Quale ne pleniluni sereni Triva ride tra le ninfe etterne che dipingon lo ciel per tutti i seni, vid i sopra migliaia di lucerne un sol che tutte quante laccendea, come fa l nostro le viste superne; e per la viva luce trasparea la lucente sustanza tanto chiara nel viso mio, che non la sostenea. Oh Batrice, dolce guida e cara! Ella mi disse: Quel che ti sobranza virt da cui nulla si ripara. Quivi la sapenza e la possanza chapr le strade tra l cielo e la terra, onde fu gi s lunga disanza. Come foco di nube si diserra per dilatarsi s che non vi cape, e fuor di sua natura in gi satterra, la mente mia cos, tra quelle dape fatta pi grande, di s stessa usco, e che si fesse rimembrar non sape. Apri li occhi e riguarda qual son io; tu hai vedute cose, che possente se fatto a sostener lo riso mio. Io era come quei che si risente di visone oblita e che singegna indarno di ridurlasi a la mente, quand io udi questa proferta, degna di tanto grato, che mai non si stingue del libro che l preterito rassegna. Se mo sonasser tutte quelle lingue che Polimna con le suore fero del latte lor dolcissimo pi pingue, per aiutarmi, al millesmo del vero non si verria, cantando il santo riso e quanto il santo aspetto facea mero; e cos, figurando il paradiso, convien saltar lo sacrato poema, come chi trova suo cammin riciso. Ma chi pensasse il ponderoso tema e lomero mortal che se ne carca, nol biasmerebbe se sott esso trema: non pareggio da picciola barca quel che fendendo va lardita prora, n da nocchier cha s medesmo parca. Perch la faccia mia s tinnamora, che tu non ti rivolgi al bel giardino che sotto i raggi di Cristo sinfiora? Quivi la rosa in che l verbo divino carne si fece; quivi son li gigli al cui odor si prese il buon cammino. Cos Beatrice; e io, che a suoi consigli tutto era pronto, ancora mi rendei a la battaglia de debili cigli. Come a raggio di sol, che puro mei per fratta nube, gi prato di fiori vider, coverti dombra, li occhi miei; vid io cos pi turbe di splendori, folgorate di s da raggi ardenti, sanza veder principio di folgri. O benigna vert che s li mprenti, s tessaltasti, per largirmi loco a li occhi l che non teran possenti. Il nome del bel fior chio sempre invoco e mane e sera, tutto mi ristrinse lanimo ad avvisar lo maggior foco; e come ambo le luci mi dipinse il quale e il quanto de la viva stella che l s vince come qua gi vinse, per entro il cielo scese una facella, formata in cerchio a guisa di corona, e cinsela e girossi intorno ad ella. Qualunque melodia pi dolce suona qua gi e pi a s lanima tira, parrebbe nube che squarciata tona, comparata al sonar di quella lira onde si coronava il bel zaffiro del quale il ciel pi chiaro sinzaffira. Io sono amore angelico, che giro lalta letizia che spira del ventre che fu albergo del nostro disiro; e girerommi, donna del ciel, mentre che seguirai tuo figlio, e farai dia pi la spera suprema perch l entre. Cos la circulata melodia si sigillava, e tutti li altri lumi facean sonare il nome di Maria. Lo real manto di tutti i volumi del mondo, che pi ferve e pi savviva ne lalito di Dio e nei costumi, avea sopra di noi linterna riva tanto distante, che la sua parvenza, l dov io era, ancor non appariva: per non ebber li occhi miei potenza di seguitar la coronata fiamma che si lev appresso sua semenza. E come fantolin che nver la mamma tende le braccia, poi che l latte prese, per lanimo che nfin di fuor sinfiamma; ciascun di quei candori in s si stese con la sua cima, s che lalto affetto chelli avieno a Maria mi fu palese. Indi rimaser l nel mio cospetto, Regina celi cantando s dolce, che mai da me non si part l diletto. Oh quanta lubert che si soffolce in quelle arche ricchissime che fuoro a seminar qua gi buone bobolce! Quivi si vive e gode del tesoro che sacquist piangendo ne lo essilio di Babilln, ove si lasci loro. Quivi trunfa, sotto lalto Filio di Dio e di Maria, di sua vittoria, e con lantico e col novo concilio, colui che tien le chiavi di tal gloria. Paradiso Canto XXIV O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba s, che la vostra voglia sempre piena, se per grazia di Dio questi preliba di quel che cade de la vostra mensa, prima che morte tempo li prescriba, ponete mente a laffezione immensa e roratelo alquanto: voi bevete sempre del fonte onde vien quel chei pensa. Cos Beatrice; e quelle anime liete si fero spere sopra fissi poli, fiammando, a volte, a guisa di comete. E come cerchi in tempra doruoli si giran s, che l primo a chi pon mente queto pare, e lultimo che voli; cos quelle carole, differente- mente danzando, de la sua ricchezza mi facieno stimar, veloci e lente. Di quella chio notai di pi carezza vid o uscire un foco s felice, che nullo vi lasci di pi chiarezza; e tre fate intorno di Beatrice si volse con un canto tanto divo, che la mia fantasia nol mi ridice. Per salta la penna e non lo scrivo: ch limagine nostra a cotai pieghe, non che l parlare, troppo color vivo. O santa suora mia che s ne prieghe divota, per lo tuo ardente affetto da quella bella spera mi disleghe. Poscia fermato, il foco benedetto a la mia donna dirizz lo spiro, che favell cos com i ho detto. Ed ella: O luce etterna del gran viro a cui Nostro Segnor lasci le chiavi, chei port gi, di questo gaudio miro, tenta costui di punti lievi e gravi, come ti piace, intorno de la fede, per la qual tu su per lo mare andavi. Selli ama bene e bene spera e crede, non tՏ occulto, perch l viso hai quivi dov ogne cosa dipinta si vede; ma perch questo regno ha fatto civi per la verace fede, a glorarla, di lei parlare ben cha lui arrivi. S come il baccialier sarma e non parla fin che l maestro la question propone, per approvarla, non per terminarla, cos marmava io dogne ragione mentre chella dicea, per esser presto a tal querente e a tal professione. D, buon Cristiano, fatti manifesto: fede che ?. Ond io levai la fronte in quella luce onde spirava questo; poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte sembianze femmi perch o spandessi lacqua di fuor del mio interno fonte. La Grazia che mi d chio mi confessi, comincia io, da lalto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi. E seguitai: Come l verace stilo ne scrisse, padre, del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo, fede sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quiditate. Allora udi: Dirittamente senti, se bene intendi perch la ripuose tra le sustanze, e poi tra li argomenti. E io appresso: Le profonde cose che mi largiscon qui la lor parvenza, a li occhi di l gi son s ascose, che lesser loro vՏ in sola credenza, sopra la qual si fonda lalta spene; e per di sustanza prende intenza. E da questa credenza ci convene silogizzar, sanz avere altra vista: per intenza dargomento tene. Allora udi: Se quantunque sacquista gi per dottrina, fosse cos nteso, non l avria loco ingegno di sofista. Cos spir di quello amore acceso; indi soggiunse: Assai bene trascorsa desta moneta gi la lega e l peso; ma dimmi se tu lhai ne la tua borsa. Ond io: S ho, s lucida e s tonda, che nel suo conio nulla mi sinforsa. Appresso usc de la luce profonda che l splendeva: Questa cara gioia sopra la quale ogne virt si fonda, onde ti venne?. E io: La larga ploia de lo Spirito Santo, chՏ diffusa in su le vecchie e n su le nuove cuoia, silogismo che la mha conchiusa acutamente s, che nverso della ogne dimostrazion mi pare ottusa. Io udi poi: Lantica e la novella proposizion che cos ti conchiude, perch lhai tu per divina favella?. E io: La prova che l ver mi dischiude, son lopere seguite, a che natura non scalda ferro mai n batte incude. Risposto fummi: D, chi tassicura che quell opere fosser? Quel medesmo che vuol provarsi, non altri, il ti giura. Se l mondo si rivolse al cristianesmo, diss io, sanza miracoli, quest uno tal, che li altri non sono il centesmo: ch tu intrasti povero e digiuno in campo, a seminar la buona pianta che fu gi vite e ora fatta pruno. Finito questo, lalta corte santa rison per le spere un Dio laudamo ne la melode che l s si canta. E quel baron che s di ramo in ramo, essaminando, gi tratto mavea, che a lultime fronde appressavamo, ricominci: La Grazia, che donnea con la tua mente, la bocca taperse infino a qui come aprir si dovea, s chio approvo ci che fuori emerse; ma or convien espremer quel che credi, e onde a la credenza tua sofferse. O santo padre, e spirito che vedi ci che credesti s, che tu vincesti ver lo sepulcro pi giovani piedi, comincia io, tu vuo chio manifesti la forma qui del pronto creder mio, e anche la cagion di lui chiedesti. E io rispondo: Io credo in uno Dio solo ed etterno, che tutto l ciel move, non moto, con amore e con disio; e a tal creder non ho io pur prove fisice e metafisice, ma dalmi anche la verit che quinci piove per Mos, per profeti e per salmi, per lEvangelio e per voi che scriveste poi che lardente Spirto vi f almi; e credo in tre persone etterne, e queste credo una essenza s una e s trina, che soffera congiunto sono ed este. De la profonda condizion divina chio tocco mo, la mente mi sigilla pi volte levangelica dottrina. Quest l principio, quest la favilla che si dilata in fiamma poi vivace, e come stella in cielo in me scintilla. Come l segnor chascolta quel che i piace, da indi abbraccia il servo, gratulando per la novella, tosto chel si tace; cos, benedicendomi cantando, tre volte cinse me, s com io tacqui, lappostolico lume al cui comando io avea detto: s nel dir li piacqui! Paradiso Canto XXV Se mai continga che l poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra, s che mha fatto per molti anni macro, vinca la crudelt che fuor mi serra del bello ovile ov io dormi agnello, nimico ai lupi che li danno guerra; con altra voce omai, con altro vello ritorner poeta, e in sul fonte del mio battesmo prender l cappello; per che ne la fede, che fa conte lanime a Dio, quivi intra io, e poi Pietro per lei s mi gir la fronte. Indi si mosse un lume verso noi di quella spera ond usc la primizia che lasci Cristo di vicari suoi; e la mia donna, piena di letizia, mi disse: Mira, mira: ecco il barone per cui l gi si vicita Galizia. S come quando il colombo si pone presso al compagno, luno a laltro pande, girando e mormorando, laffezione; cos vid o lun da laltro grande principe gloroso essere accolto, laudando il cibo che l s li prande. Ma poi che l gratular si fu assolto, tacito coram me ciascun saffisse, ignito s che vinca l mio volto. Ridendo allora Batrice disse: Inclita vita per cui la larghezza de la nostra basilica si scrisse, fa risonar la spene in questa altezza: tu sai, che tante fiate la figuri, quante Ies ai tre f pi carezza. Leva la testa e fa che tassicuri: che ci che vien qua s del mortal mondo, convien chai nostri raggi si maturi. Questo conforto del foco secondo mi venne; ond io levi li occhi a monti che li ncurvaron pria col troppo pondo. Poi che per grazia vuol che tu taffronti lo nostro Imperadore, anzi la morte, ne laula pi secreta co suoi conti, s che, veduto il ver di questa corte, la spene, che l gi bene innamora, in te e in altrui di ci conforte, di quel chell , di come se ne nfiora la mente tua, e d onde a te venne. Cos segu l secondo lume ancora. E quella pa che guid le penne de le mie ali a cos alto volo, a la risposta cos mi prevenne: La Chiesa militante alcun figliuolo non ha con pi speranza, com scritto nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: per li conceduto che dEgitto vegna in Ierusalemme per vedere, anzi che l militar li sia prescritto. Li altri due punti, che non per sapere son dimandati, ma perch ei rapporti quanto questa virt tՏ in piacere, a lui lasc io, ch non li saran forti n di iattanza; ed elli a ci risponda, e la grazia di Dio ci li comporti. Come discente cha dottor seconda pronto e libente in quel chelli esperto, perch la sua bont si disasconda, Spene, diss io, Ǐ uno attender certo de la gloria futura, il qual produce grazia divina e precedente merto. Da molte stelle mi vien questa luce; ma quei la distill nel mio cor pria che fu sommo cantor del sommo duce. Sperino in te, ne la sua todia dice, color che sanno il nome tuo: e chi nol sa, selli ha la fede mia? Tu mi stillasti, con lo stillar suo, ne la pistola poi; s chio son pieno, e in altrui vostra pioggia repluo. Mentr io diceva, dentro al vivo seno di quello incendio tremolava un lampo sbito e spesso a guisa di baleno. Indi spir: Lamore ond o avvampo ancor ver la virt che mi seguette infin la palma e a luscir del campo, vuol chio respiri a te che ti dilette di lei; ed emmi a grato che tu diche quello che la speranza ti mpromette. E io: Le nove e le scritture antiche pongon lo segno, ed esso lo mi addita, de lanime che Dio sha fatte amiche. Dice Isaia che ciascuna vestita ne la sua terra fia di doppia vesta: e la sua terra questa dolce vita; e l tuo fratello assai vie pi digesta, l dove tratta de le bianche stole, questa revelazion ci manifesta. E prima, appresso al fin deste parole, Sperent in te di sopr a noi sud; a che rispuoser tutte le carole. Poscia tra esse un lume si schiar s che, se l Cancro avesse un tal cristallo, linverno avrebbe un mese dun sol d. E come surge e va ed entra in ballo vergine lieta, sol per fare onore a la novizia, non per alcun fallo, cos vid io lo schiarato splendore venire a due che si volgieno a nota qual conveniesi al loro ardente amore. Misesi l nel canto e ne la rota; e la mia donna in lor tenea laspetto, pur come sposa tacita e immota. Questi colui che giacque sopra l petto del nostro pellicano, e questi fue di su la croce al grande officio eletto. La donna mia cos; n per pie mosser la vista sua di stare attenta poscia che prima le parole sue. Qual colui chadocchia e sargomenta di vedere eclissar lo sole un poco, che, per veder, non vedente diventa; tal mi fec o a quell ultimo foco mentre che detto fu: Perch tabbagli per veder cosa che qui non ha loco? In terra terra il mio corpo, e saragli tanto con li altri, che l numero nostro con letterno proposito sagguagli. Con le due stole nel beato chiostro son le due luci sole che saliro; e questo apporterai nel mondo vostro. A questa voce linfiammato giro si quet con esso il dolce mischio che si facea nel suon del trino spiro, s come, per cessar fatica o rischio, li remi, pria ne lacqua ripercossi, tutti si posano al sonar dun fischio. Ahi quanto ne la mente mi commossi, quando mi volsi per veder Beatrice, per non poter veder, bench io fossi presso di lei, e nel mondo felice! Paradiso Canto XXVI Mentr io dubbiava per lo viso spento, de la fulgida fiamma che lo spense usc un spiro che mi fece attento, dicendo: Intanto che tu ti risense de la vista che ha in me consunta, ben che ragionando la compense. Comincia dunque; e d ove sappunta lanima tua, e fa ragion che sia la vista in te smarrita e non defunta: perch la donna che per questa dia regon ti conduce, ha ne lo sguardo la virt chebbe la man dAnania. Io dissi: Al suo piacere e tosto e tardo vegna remedio a li occhi, che fuor porte quand ella entr col foco ond io sempr ardo. Lo ben che fa contenta questa corte, Alfa e O di quanta scrittura mi legge Amore o lievemente o forte. Quella medesma voce che paura tolta mavea del sbito abbarbaglio, di ragionare ancor mi mise in cura; e disse: Certo a pi angusto vaglio ti conviene schiarar: dicer convienti chi drizz larco tuo a tal berzaglio. E io: Per filosofici argomenti e per autorit che quinci scende cotale amor convien che in me si mprenti: ch l bene, in quanto ben, come sintende, cos accende amore, e tanto maggio quanto pi di bontate in s comprende. Dunque a lessenza ov tanto avvantaggio, che ciascun ben che fuor di lei si trova altro non chun lume di suo raggio, pi che in altra convien che si mova la mente, amando, di ciascun che cerne il vero in che si fonda questa prova. Tal vero a lintelletto mo sterne colui che mi dimostra il primo amore di tutte le sustanze sempiterne. Sternel la voce del verace autore, che dice a Mos, di s parlando: Io ti far vedere ogne valore. Sternilmi tu ancora, incominciando lalto preconio che grida larcano di qui l gi sovra ogne altro bando. E io udi: Per intelletto umano e per autoritadi a lui concorde di tuoi amori a Dio guarda il sovrano. Ma d ancor se tu senti altre corde tirarti verso lui, s che tu suone con quanti denti questo amor ti morde. Non fu latente la santa intenzione de laguglia di Cristo, anzi maccorsi dove volea menar mia professione. Per ricominciai: Tutti quei morsi che posson far lo cor volgere a Dio, a la mia caritate son concorsi: ch lessere del mondo e lesser mio, la morte chel sostenne perch io viva, e quel che spera ogne fedel com io, con la predetta conoscenza viva, tratto mhanno del mar de lamor torto, e del diritto mhan posto a la riva. Le fronde onde sinfronda tutto lorto de lortolano etterno, am io cotanto quanto da lui a lor di bene porto. S com io tacqui, un dolcissimo canto rison per lo cielo, e la mia donna dicea con li altri: Santo, santo, santo!. E come a lume acuto si disonna per lo spirto visivo che ricorre a lo splendor che va di gonna in gonna, e lo svegliato ci che vede aborre, s nesca la sbita vigilia fin che la stimativa non soccorre; cos de li occhi miei ogne quisquilia fug Beatrice col raggio di suoi, che rifulgea da pi di mille milia: onde mei che dinanzi vidi poi; e quasi stupefatto domandai dun quarto lume chio vidi tra noi. E la mia donna: Dentro da quei rai vagheggia il suo fattor lanima prima che la prima virt creasse mai. Come la fronda che flette la cima nel transito del vento, e poi si leva per la propria virt che la soblima, fec io in tanto in quant ella diceva, stupendo, e poi mi rifece sicuro un disio di parlare ond o ardeva. E cominciai: O pomo che maturo solo prodotto fosti, o padre antico a cui ciascuna sposa figlia e nuro, divoto quanto posso a te supplco perch mi parli: tu vedi mia voglia, e per udirti tosto non la dico. Talvolta un animal coverto broglia, s che laffetto convien che si paia per lo seguir che face a lui la nvoglia; e similmente lanima primaia mi facea trasparer per la coverta quant ella a compiacermi vena gaia. Indi spir: Sanz essermi proferta da te, la voglia tua discerno meglio che tu qualunque cosa tՏ pi certa; perch io la veggio nel verace speglio che fa di s pareglio a laltre cose, e nulla face lui di s pareglio. Tu vuogli udir quant che Dio mi puose ne leccelso giardino, ove costei a cos lunga scala ti dispuose, e quanto fu diletto a li occhi miei, e la propria cagion del gran disdegno, e lidoma chusai e che fei. Or, figluol mio, non il gustar del legno fu per s la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno. Quindi onde mosse tua donna Virgilio, quattromilia trecento e due volumi di sol desiderai questo concilio; e vidi lui tornare a tutt i lumi de la sua strada novecento trenta fate, mentre chՕo in terra fumi. La lingua chio parlai fu tutta spenta innanzi che a lovra inconsummabile fosse la gente di Nembrt attenta: ch nullo effetto mai razonabile, per lo piacere uman che rinovella seguendo il cielo, sempre fu durabile. Opera naturale chuom favella; ma cos o cos, natura lascia poi fare a voi secondo che vabbella. Pria chi scendessi a linfernale ambascia, I sappellava in terra il sommo bene onde vien la letizia che mi fascia; e El si chiam poi: e ci convene, ch luso di mortali come fronda in ramo, che sen va e altra vene. Nel monte che si leva pi da londa, fu io, con vita pura e disonesta, da la prim ora a quella che seconda, come l sol muta quadra, lora sesta. Paradiso Canto XXVII Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo, cominci, gloria!, tutto l paradiso, s che minebrava il dolce canto. Ci chio vedeva mi sembiava un riso de luniverso; per che mia ebbrezza intrava per ludire e per lo viso. Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! oh vita intgra damore e di pace! oh sanza brama sicura ricchezza! Dinanzi a li occhi miei le quattro face stavano accese, e quella che pria venne incominci a farsi pi vivace, e tal ne la sembianza sua divenne, qual diverrebbe Iove, selli e Marte fossero augelli e cambiassersi penne. La provedenza, che quivi comparte vice e officio, nel beato coro silenzio posto avea da ogne parte, quand o udi: Se io mi trascoloro, non ti maravigliar, ch, dicend io, vedrai trascolorar tutti costoro. Quelli chusurpa in terra il luogo mio, il luogo mio, il luogo mio, che vaca ne la presenza del Figliuol di Dio, fatt ha del cimitero mio cloaca del sangue e de la puzza; onde l perverso che cadde di qua s, l gi si placa. Di quel color che per lo sole avverso nube dipigne da sera e da mane, vid o allora tutto l ciel cosperso. E come donna onesta che permane di s sicura, e per laltrui fallanza, pur ascoltando, timida si fane, cos Beatrice trasmut sembianza; e tale eclissi credo che n ciel fue quando pat la supprema possanza. Poi procedetter le parole sue con voce tanto da s trasmutata, che la sembianza non si mut pie: Non fu la sposa di Cristo allevata del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, per essere ad acquisto doro usata; ma per acquisto desto viver lieto e Sisto e Po e Calisto e Urbano sparser lo sangue dopo molto fleto. Non fu nostra intenzion cha destra mano di nostri successor parte sedesse, parte da laltra del popol cristiano; n che le chiavi che mi fuor concesse, divenisser signaculo in vessillo che contra battezzati combattesse; n chio fossi figura di sigillo a privilegi venduti e mendaci, ond io sovente arrosso e disfavillo. In vesta di pastor lupi rapaci si veggion di qua s per tutti i paschi: o difesa di Dio, perch pur giaci? Del sangue nostro Caorsini e Guaschi sapparecchian di bere: o buon principio, a che vil fine convien che tu caschi! Ma lalta provedenza, che con Scipio difese a Roma la gloria del mondo, soccorr tosto, s com io concipio; e tu, figliuol, che per lo mortal pondo ancor gi tornerai, apri la bocca, e non asconder quel chio non ascondo. S come di vapor gelati fiocca in giuso laere nostro, quando l corno de la capra del ciel col sol si tocca, in s vid io cos letera addorno farsi e fioccar di vapor trunfanti che fatto avien con noi quivi soggiorno. Lo viso mio seguiva i suoi sembianti, e segu fin che l mezzo, per lo molto, li tolse il trapassar del pi avanti. Onde la donna, che mi vide assolto de lattendere in s, mi disse: Adima il viso e guarda come tu se vlto. Da lora chՕo avea guardato prima i vidi mosso me per tutto larco che fa dal mezzo al fine il primo clima; s chio vedea di l da Gade il varco folle dUlisse, e di qua presso il lito nel qual si fece Europa dolce carco. E pi mi fora discoverto il sito di questa aiuola; ma l sol procedea sotto i mie piedi un segno e pi partito. La mente innamorata, che donnea con la mia donna sempre, di ridure ad essa li occhi pi che mai ardea; e se natura o arte f pasture da pigliare occhi, per aver la mente, in carne umana o ne le sue pitture, tutte adunate, parrebber nente ver lo piacer divin che mi refulse, quando mi volsi al suo viso ridente. E la virt che lo sguardo mindulse, del bel nido di Leda mi divelse, e nel ciel velocissimo mimpulse. Le parti sue vivissime ed eccelse s uniforme son, chi non so dire qual Batrice per loco mi scelse. Ma ella, che veda l mio disire, incominci, ridendo tanto lieta, che Dio parea nel suo volto gioire: La natura del mondo, che queta il mezzo e tutto laltro intorno move, quinci comincia come da sua meta; e questo cielo non ha altro dove che la mente divina, in che saccende lamor che l volge e la virt chei piove. Luce e amor dun cerchio lui comprende, s come questo li altri; e quel precinto colui che l cinge solamente intende. Non suo moto per altro distinto, ma li altri son mensurati da questo, s come diece da mezzo e da quinto; e come il tempo tegna in cotal testo le sue radici e ne li altri le fronde, omai a te pu esser manifesto. Oh cupidigia che i mortali affonde s sotto te, che nessuno ha podere di trarre li occhi fuor de le tue onde! Ben fiorisce ne li uomini il volere; ma la pioggia contina converte in bozzacchioni le sosine vere. Fede e innocenza son reperte solo ne parvoletti; poi ciascuna pria fugge che le guance sian coperte. Tale, balbuzendo ancor, digiuna, che poi divora, con la lingua sciolta, qualunque cibo per qualunque luna; e tal, balbuzendo, ama e ascolta la madre sua, che, con loquela intera, disa poi di vederla sepolta. Cos si fa la pelle bianca nera nel primo aspetto de la bella figlia di quel chapporta mane e lascia sera. Tu, perch non ti facci maraviglia, pensa che n terra non chi governi; onde s sva lumana famiglia. Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma chՏ l gi negletta, raggeran s questi cerchi superni, che la fortuna che tanto saspetta, le poppe volger u son le prore, s che la classe correr diretta; e vero frutto verr dopo l fiore. Paradiso Canto XXVIII Poscia che ncontro a la vita presente di miseri mortali aperse l vero quella che mparadisa la mia mente, come in lo specchio fiamma di doppiero vede colui che se nalluma retro, prima che labbia in vista o in pensiero, e s rivolge per veder se l vetro li dice il vero, e vede chel saccorda con esso come nota con suo metro; cos la mia memoria si ricorda chio feci riguardando ne belli occhi onde a pigliarmi fece Amor la corda. E com io mi rivolsi e furon tocchi li miei da ci che pare in quel volume, quandunque nel suo giro ben sadocchi, un punto vidi che raggiava lume acuto s, che l viso chelli affoca chiuder conviensi per lo forte acume; e quale stella par quinci pi poca, parrebbe luna, locata con esso come stella con stella si collca. Forse cotanto quanto pare appresso alo cigner la luce che l dipigne quando l vapor che l porta pi spesso, distante intorno al punto un cerchio digne si girava s ratto, chavria vinto quel moto che pi tosto il mondo cigne; e questo era dun altro circumcinto, e quel dal terzo, e l terzo poi dal quarto, dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto. Sopra seguiva il settimo s sparto gi di larghezza, che l messo di Iuno intero a contenerlo sarebbe arto. Cos lottavo e l nono; e chiascheduno pi tardo si movea, secondo chera in numero distante pi da luno; e quello avea la fiamma pi sincera cui men distava la favilla pura, credo, per che pi di lei sinvera. La donna mia, che mi veda in cura forte sospeso, disse: Da quel punto depende il cielo e tutta la natura. Mira quel cerchio che pi li congiunto; e sappi che l suo muovere s tosto per laffocato amore ond elli punto. E io a lei: Se l mondo fosse posto con lordine chio veggio in quelle rote, sazio mavrebbe ci che mՏ proposto; ma nel mondo sensibile si puote veder le volte tanto pi divine, quant elle son dal centro pi remote. Onde, se l mio disir dee aver fine in questo miro e angelico templo che solo amore e luce ha per confine, udir convienmi ancor come lessemplo e lessemplare non vanno dun modo, ch io per me indarno a ci contemplo. Se li tuoi diti non sono a tal nodo sufficenti, non maraviglia: tanto, per non tentare, fatto sodo!. Cos la donna mia; poi disse: Piglia quel chio ti dicer, se vuo saziarti; e intorno da esso tassottiglia. Li cerchi corporai sono ampi e arti secondo il pi e l men de la virtute che si distende per tutte lor parti. Maggior bont vuol far maggior salute; maggior salute maggior corpo cape, selli ha le parti igualmente compiute. Dunque costui che tutto quanto rape laltro universo seco, corrisponde al cerchio che pi ama e che pi sape: per che, se tu a la virt circonde la tua misura, non a la parvenza de le sustanze che tappaion tonde, tu vederai mirabil consequenza di maggio a pi e di minore a meno, in ciascun cielo, a sa intelligenza. Come rimane splendido e sereno lemisperio de laere, quando soffia Borea da quella guancia ond pi leno, per che si purga e risolve la roffia che pria turbava, s che l ciel ne ride con le bellezze dogne sua paroffia; cos fecՕo, poi che mi provide la donna mia del suo risponder chiaro, e come stella in cielo il ver si vide. E poi che le parole sue restaro, non altrimenti ferro disfavilla che bolle, come i cerchi sfavillaro. Lincendio suo seguiva ogne scintilla; ed eran tante, che l numero loro pi che l doppiar de li scacchi sinmilla. Io sentiva osannar di coro in coro al punto fisso che li tiene a li ubi, e terr sempre, ne quai sempre fuoro. E quella che veda i pensier dubi ne la mia mente, disse: I cerchi primi thanno mostrato Serafi e Cherubi. Cos veloci seguono i suoi vimi, per somigliarsi al punto quanto ponno; e posson quanto a veder son soblimi. Quelli altri amori che ntorno li vonno, si chiaman Troni del divino aspetto, per che l primo ternaro terminonno; e dei saper che tutti hanno diletto quanto la sua veduta si profonda nel vero in che si queta ogne intelletto. Quinci si pu veder come si fonda lesser beato ne latto che vede, non in quel chama, che poscia seconda; e del vedere misura mercede, che grazia partorisce e buona voglia: cos di grado in grado si procede. Laltro ternaro, che cos germoglia in questa primavera sempiterna che notturno Arete non dispoglia, perpetalemente Osanna sberna con tre melode, che suonano in tree ordini di letizia onde sinterna. In essa gerarcia son laltre dee: prima Dominazioni, e poi Virtudi; lordine terzo di Podestadi e. Poscia ne due penultimi tripudi Principati e Arcangeli si girano; lultimo tutto dAngelici ludi. Questi ordini di s tutti sammirano, e di gi vincon s, che verso Dio tutti tirati sono e tutti tirano. E Donisio con tanto disio a contemplar questi ordini si mise, che li nom e distinse com io. Ma Gregorio da lui poi si divise; onde, s tosto come li occhi aperse in questo ciel, di s medesmo rise. E se tanto secreto ver proferse mortale in terra, non voglio chammiri: ch chi l vide qua s gliel discoperse con altro assai del ver di questi giri. Paradiso Canto XXIX Quando ambedue li figli di Latona, coperti del Montone e de la Libra, fanno de lorizzonte insieme zona, quant dal punto che l cent inlibra infin che luno e laltro da quel cinto, cambiando lemisperio, si dilibra, tanto, col volto di riso dipinto, si tacque Batrice, riguardando fiso nel punto che mava vinto. Poi cominci: Io dico, e non dimando, quel che tu vuoli udir, perch io lho visto l ve sappunta ogne ubi e ogne quando. Non per aver a s di bene acquisto, chesser non pu, ma perch suo splendore potesse, risplendendo, dir Subsisto, in sua etternit di tempo fore, fuor dogne altro comprender, come i piacque, saperse in nuovi amor letterno amore. N prima quasi torpente si giacque; ch n prima n poscia procedette lo discorrer di Dio sovra quest acque. Forma e materia, congiunte e purette, usciro ad esser che non avia fallo, come darco tricordo tre saette. E come in vetro, in ambra o in cristallo raggio resplende s, che dal venire a lesser tutto non intervallo, cos l triforme effetto del suo sire ne lesser suo raggi insieme tutto sanza distinzone in essordire. Concreato fu ordine e costrutto a le sustanze; e quelle furon cima nel mondo in che puro atto fu produtto; pura potenza tenne la parte ima; nel mezzo strinse potenza con atto tal vime, che gi mai non si divima. Ieronimo vi scrisse lungo tratto di secoli de li angeli creati anzi che laltro mondo fosse fatto; ma questo vero scritto in molti lati da li scrittor de lo Spirito Santo, e tu te navvedrai se bene agguati; e anche la ragione il vede alquanto, che non concederebbe che motori sanza sua perfezion fosser cotanto. Or sai tu dove e quando questi amori furon creati e come: s che spenti nel tuo diso gi son tre ardori. N giugneriesi, numerando, al venti s tosto, come de li angeli parte turb il suggetto di vostri alimenti. Laltra rimase, e cominci quest arte che tu discerni, con tanto diletto, che mai da circir non si diparte. Principio del cader fu il maladetto superbir di colui che tu vedesti da tutti i pesi del mondo costretto. Quelli che vedi qui furon modesti a riconoscer s da la bontate che li avea fatti a tanto intender presti: per che le viste lor furo essaltate con grazia illuminante e con lor merto, si channo ferma e piena volontate; e non voglio che dubbi, ma sia certo, che ricever la grazia meritorio secondo che laffetto lՏ aperto. Omai dintorno a questo consistorio puoi contemplare assai, se le parole mie son ricolte, sanz altro aiutorio. Ma perch n terra per le vostre scole si legge che langelica natura tal, che ntende e si ricorda e vole, ancor dir, perch tu veggi pura la verit che l gi si confonde, equivocando in s fatta lettura. Queste sustanze, poi che fur gioconde de la faccia di Dio, non volser viso da essa, da cui nulla si nasconde: per non hanno vedere interciso da novo obietto, e per non bisogna rememorar per concetto diviso; s che l gi, non dormendo, si sogna, credendo e non credendo dicer vero; ma ne luno pi colpa e pi vergogna. Voi non andate gi per un sentiero filosofando: tanto vi trasporta lamor de lapparenza e l suo pensiero! E ancor questo qua s si comporta con men disdegno che quando posposta la divina Scrittura o quando torta. Non vi si pensa quanto sangue costa seminarla nel mondo e quanto piace chi umilmente con essa saccosta. Per apparer ciascun singegna e face sue invenzioni; e quelle son trascorse da predicanti e l Vangelio si tace. Un dice che la luna si ritorse ne la passion di Cristo e sinterpuose, per che l lume del sol gi non si porse; e mente, ch la luce si nascose da s: per a li Spani e a lIndi come a Giudei tale eclissi rispuose. Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi quante s fatte favole per anno in pergamo si gridan quinci e quindi: s che le pecorelle, che non sanno, tornan del pasco pasciute di vento, e non le scusa non veder lo danno. Non disse Cristo al suo primo convento: Andate, e predicate al mondo ciance; ma diede lor verace fondamento; e quel tanto son ne le sue guance, s cha pugnar per accender la fede de lEvangelio fero scudo e lance. Ora si va con motti e con iscede a predicare, e pur che ben si rida, gonfia il cappuccio e pi non si richiede. Ma tale uccel nel becchetto sannida, che se l vulgo il vedesse, vederebbe la perdonanza di chel si confida: per cui tanta stoltezza in terra crebbe, che, sanza prova dalcun testimonio, ad ogne promession si correrebbe. Di questo ingrassa il porco sant Antonio, e altri assai che sono ancor pi porci, pagando di moneta sanza conio. Ma perch siam digressi assai, ritorci li occhi oramai verso la dritta strada, s che la via col tempo si raccorci. Questa natura s oltre singrada in numero, che mai non fu loquela n concetto mortal che tanto vada; e se tu guardi quel che si revela per Danel, vedrai che n sue migliaia determinato numero si cela. La prima luce, che tutta la raia, per tanti modi in essa si recepe, quanti son li splendori a chi sappaia. Onde, per che a latto che concepe segue laffetto, damar la dolcezza diversamente in essa ferve e tepe. Vedi leccelso omai e la larghezza de letterno valor, poscia che tanti speculi fatti sha in che si spezza, uno manendo in s come davanti. Paradiso Canto XXX Forse semilia miglia di lontano ci ferve lora sesta, e questo mondo china gi lombra quasi al letto piano, quando l mezzo del cielo, a noi profondo, comincia a farsi tal, chalcuna stella perde il parere infino a questo fondo; e come vien la chiarissima ancella del sol pi oltre, cos l ciel si chiude di vista in vista infino a la pi bella. Non altrimenti il trunfo che lude sempre dintorno al punto che mi vinse, parendo inchiuso da quel chelli nchiude, a poco a poco al mio veder si stinse: per che tornar con li occhi a Batrice nulla vedere e amor mi costrinse. Se quanto infino a qui di lei si dice fosse conchiuso tutto in una loda, poca sarebbe a fornir questa vice. La bellezza chio vidi si trasmoda non pur di l da noi, ma certo io credo che solo il suo fattor tutta la goda. Da questo passo vinto mi concedo pi che gi mai da punto di suo tema soprato fosse comico o tragedo: ch, come sole in viso che pi trema, cos lo rimembrar del dolce riso la mente mia da me medesmo scema. Dal primo giorno chi vidi il suo viso in questa vita, infino a questa vista, non mՏ il seguire al mio cantar preciso; ma or convien che mio seguir desista pi dietro a sua bellezza, poetando, come a lultimo suo ciascuno artista. Cotal qual io lascio a maggior bando che quel de la mia tuba, che deduce larda sua matera terminando, con atto e voce di spedito duce ricominci: Noi siamo usciti fore del maggior corpo al ciel chՏ pura luce: luce intellettal, piena damore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogne dolzore. Qui vederai luna e laltra milizia di paradiso, e luna in quelli aspetti che tu vedrai a lultima giustizia. Come sbito lampo che discetti li spiriti visivi, s che priva da latto locchio di pi forti obietti, cos mi circunfulse luce viva, e lasciommi fasciato di tal velo del suo fulgor, che nulla mappariva. Sempre lamor che queta questo cielo accoglie in s con s fatta salute, per far disposto a sua fiamma il candelo. Non fur pi tosto dentro a me venute queste parole brievi, chio compresi me sormontar di sopr a mia virtute; e di novella vista mi raccesi tale, che nulla luce tanto mera, che li occhi miei non si fosser difesi; e vidi lume in forma di rivera fulvido di fulgore, intra due rive dipinte di mirabil primavera. Di tal fiumana uscian faville vive, e dogne parte si mettien ne fiori, quasi rubin che oro circunscrive; poi, come inebrate da li odori, riprofondavan s nel miro gurge, e suna intrava, unaltra nuscia fori. Lalto disio che mo tinfiamma e urge, daver notizia di ci che tu vei, tanto mi piace pi quanto pi turge; ma di quest acqua convien che tu bei prima che tanta sete in te si sazi: cos mi disse il sol de li occhi miei. Anche soggiunse: Il fiume e li topazi chentrano ed escono e l rider de lerbe son di lor vero umbriferi prefazi. Non che da s sian queste cose acerbe; ma difetto da la parte tua, che non hai viste ancor tanto superbe. Non fantin che s sbito rua col volto verso il latte, se si svegli molto tardato da lusanza sua, come fec io, per far migliori spegli ancor de li occhi, chinandomi a londa che si deriva perch vi simmegli; e s come di lei bevve la gronda de le palpebre mie, cos mi parve di sua lunghezza divenuta tonda. Poi, come gente stata sotto larve, che pare altro che prima, se si sveste la sembianza non sa in che disparve, cos mi si cambiaro in maggior feste li fiori e le faville, s chio vidi ambo le corti del ciel manifeste. O isplendor di Dio, per cu io vidi lalto trunfo del regno verace, dammi virt a dir com o il vidi! Lume l s che visibile face lo creatore a quella creatura che solo in lui vedere ha la sua pace. E si distende in circular figura, in tanto che la sua circunferenza sarebbe al sol troppo larga cintura. Fassi di raggio tutta sua parvenza reflesso al sommo del mobile primo, che prende quindi vivere e potenza. E come clivo in acqua di suo imo si specchia, quasi per vedersi addorno, quando nel verde e ne fioretti opimo, s, soprastando al lume intorno intorno, vidi specchiarsi in pi di mille soglie quanto di noi l s fatto ha ritorno. E se linfimo grado in s raccoglie s grande lume, quanta la larghezza di questa rosa ne lestreme foglie! La vista mia ne lampio e ne laltezza non si smarriva, ma tutto prendeva il quanto e l quale di quella allegrezza. Presso e lontano, l, n pon n leva: ch dove Dio sanza mezzo governa, la legge natural nulla rileva. Nel giallo de la rosa sempiterna, che si digrada e dilata e redole odor di lode al sol che sempre verna, qual colui che tace e dicer vole, mi trasse Batrice, e disse: Mira quanto l convento de le bianche stole! Vedi nostra citt quant ella gira; vedi li nostri scanni s ripieni, che poca gente pi ci si disira. E n quel gran seggio a che tu li occhi tieni per la corona che gi vՏ s posta, prima che tu a queste nozze ceni, seder lalma, che fia gi agosta, de lalto Arrigo, cha drizzare Italia verr in prima chella sia disposta. La cieca cupidigia che vammalia simili fatti vha al fantolino che muor per fame e caccia via la balia. E fia prefetto nel foro divino allora tal, che palese e coverto non ander con lui per un cammino. Ma poco poi sar da Dio sofferto nel santo officio; chel sar detruso l dove Simon mago per suo merto, e far quel dAlagna intrar pi giuso. Paradiso Canto XXXI In forma dunque di candida rosa mi si mostrava la milizia santa che nel suo sangue Cristo fece sposa; ma laltra, che volando vede e canta la gloria di colui che la nnamora e la bont che la fece cotanta, s come schiera dape che sinfiora una fata e una si ritorna l dove suo laboro sinsapora, nel gran fior discendeva che saddorna di tante foglie, e quindi risaliva l dove l so amor sempre soggiorna. Le facce tutte avean di fiamma viva e lali doro, e laltro tanto bianco, che nulla neve a quel termine arriva. Quando scendean nel fior, di banco in banco porgevan de la pace e de lardore chelli acquistavan ventilando il fianco. N linterporsi tra l disopra e l fiore di tanta moltitudine volante impediva la vista e lo splendore: ch la luce divina penetrante per luniverso secondo chՏ degno, s che nulla le puote essere ostante. Questo sicuro e gaudoso regno, frequente in gente antica e in novella, viso e amore avea tutto ad un segno. O trina luce che n unica stella scintillando a lor vista, s li appaga! guarda qua giuso a la nostra procella! Se i barbari, venendo da tal plaga che ciascun giorno dElice si cuopra, rotante col suo figlio ond ella vaga, veggendo Roma e larda sua opra, stupefaciensi, quando Laterano a le cose mortali and di sopra; o, che al divino da lumano, a letterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano, di che stupor dovea esser compiuto! Certo tra esso e l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto. E quasi peregrin che si ricrea nel tempio del suo voto riguardando, e spera gi ridir com ello stea, su per la viva luce passeggiando, menava o li occhi per li gradi, mo s, mo gi e mo recirculando. Veda visi a carit sadi, daltrui lume fregiati e di suo riso, e atti ornati di tutte onestadi. La forma general di paradiso gi tutta mo sguardo avea compresa, in nulla parte ancor fermato fiso; e volgeami con voglia raccesa per domandar la mia donna di cose di che la mente mia era sospesa. Uno intenda, e altro mi rispuose: credea veder Beatrice e vidi un sene vestito con le genti glorose. Diffuso era per li occhi e per le gene di benigna letizia, in atto pio quale a tenero padre si convene. E Ov ella?, sbito diss io. Ond elli: A terminar lo tuo disiro mosse Beatrice me del loco mio; e se riguardi s nel terzo giro dal sommo grado, tu la rivedrai nel trono che suoi merti le sortiro. Sanza risponder, li occhi s levai, e vidi lei che si facea corona reflettendo da s li etterni rai. Da quella regon che pi s tona occhio mortale alcun tanto non dista, qualunque in mare pi gi sabbandona, quanto l da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, ch sa effige non discenda a me per mezzo mista. O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant i ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute. Tu mhai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt i modi che di ci fare avei la potestate. La tua magnificenza in me custodi, s che lanima mia, che fatt hai sana, piacente a te dal corpo si disnodi. Cos orai; e quella, s lontana come parea, sorrise e riguardommi; poi si torn a letterna fontana. E l santo sene: Acci che tu assommi perfettamente, disse, il tuo cammino, a che priego e amor santo mandommi, vola con li occhi per questo giardino; ch veder lui tacconcer lo sguardo pi al montar per lo raggio divino. E la regina del cielo, ond o ardo tutto damor, ne far ogne grazia, per chi sono il suo fedel Bernardo. Qual colui che forse di Croazia viene a veder la Veronica nostra, che per lantica fame non sen sazia, ma dice nel pensier, fin che si mostra: Segnor mio Ies Cristo, Dio verace, or fu s fatta la sembianza vostra?; tal era io mirando la vivace carit di colui che n questo mondo, contemplando, gust di quella pace. Figliuol di grazia, quest esser giocondo, cominci elli, non ti sar noto, tenendo li occhi pur qua gi al fondo; ma guarda i cerchi infino al pi remoto, tanto che veggi seder la regina cui questo regno suddito e devoto. Io levai li occhi; e come da mattina la parte orental de lorizzonte soverchia quella dove l sol declina, cos, quasi di valle andando a monte con li occhi, vidi parte ne lo stremo vincer di lume tutta laltra fronte. E come quivi ove saspetta il temo che mal guid Fetonte, pi sinfiamma, e quinci e quindi il lume si fa scemo, cos quella pacifica oriafiamma nel mezzo savvivava, e dogne parte per igual modo allentava la fiamma; e a quel mezzo, con le penne sparte, vid io pi di mille angeli festanti, ciascun distinto di fulgore e darte. Vidi a lor giochi quivi e a lor canti ridere una bellezza, che letizia era ne li occhi a tutti li altri santi; e sio avessi in dir tanta divizia quanta ad imaginar, non ardirei lo minimo tentar di sua delizia. Bernardo, come vide li occhi miei nel caldo suo caler fissi e attenti, li suoi con tanto affetto volse a lei, che miei di rimirar f pi ardenti. Paradiso Canto XXXII Affetto al suo piacer, quel contemplante libero officio di dottore assunse, e cominci queste parole sante: La piaga che Maria richiuse e unse, quella chՏ tanto bella da suoi piedi colei che laperse e che la punse. Ne lordine che fanno i terzi sedi, siede Rachel di sotto da costei con Batrice, s come tu vedi. Sarra e Rebecca, Iudt e colei che fu bisava al cantor che per doglia del fallo disse Miserere mei, puoi tu veder cos di soglia in soglia gi digradar, com io cha proprio nome vo per la rosa gi di foglia in foglia. E dal settimo grado in gi, s come infino ad esso, succedono Ebree, dirimendo del fior tutte le chiome; perch, secondo lo sguardo che fe la fede in Cristo, queste sono il muro a che si parton le sacre scalee. Da questa parte onde l fiore maturo di tutte le sue foglie, sono assisi quei che credettero in Cristo venturo; da laltra parte onde sono intercisi di vti i semicirculi, si stanno quei cha Cristo venuto ebber li visi. E come quinci il gloroso scanno de la donna del cielo e li altri scanni di sotto lui cotanta cerna fanno, cos di contra quel del gran Giovanni, che sempre santo l diserto e l martiro sofferse, e poi linferno da due anni; e sotto lui cos cerner sortiro Francesco, Benedetto e Augustino e altri fin qua gi di giro in giro. Or mira lalto proveder divino: ch luno e laltro aspetto de la fede igualmente empier questo giardino. E sappi che dal grado in gi che fiede a mezzo il tratto le due discrezioni, per nullo proprio merito si siede, ma per laltrui, con certe condizioni: ch tutti questi son spiriti ascolti prima chavesser vere elezoni. Ben te ne puoi accorger per li volti e anche per le voci perili, se tu li guardi bene e se li ascolti. Or dubbi tu e dubitando sili; ma io discioglier l forte legame in che ti stringon li pensier sottili. Dentro a lampiezza di questo reame casal punto non puote aver sito, se non come tristizia o sete o fame: ch per etterna legge stabilito quantunque vedi, s che giustamente ci si risponde da lanello al dito; e per questa festinata gente a vera vita non sine causa intra s qui pi e meno eccellente. Lo rege per cui questo regno pausa in tanto amore e in tanto diletto, che nulla volont di pi ausa, le menti tutte nel suo lieto aspetto creando, a suo piacer di grazia dota diversamente; e qui basti leffetto. E ci espresso e chiaro vi si nota ne la Scrittura santa in quei gemelli che ne la madre ebber lira commota. Per, secondo il color di capelli, di cotal grazia laltissimo lume degnamente convien che sincappelli. Dunque, sanza merc di lor costume, locati son per gradi differenti, sol differendo nel primiero acume. Bastavasi ne secoli recenti con linnocenza, per aver salute, solamente la fede di parenti; poi che le prime etadi fuor compiute, convenne ai maschi a linnocenti penne per circuncidere acquistar virtute; ma poi che l tempo de la grazia venne, sanza battesmo perfetto di Cristo tale innocenza l gi si ritenne. Riguarda omai ne la faccia che a Cristo pi si somiglia, ch la sua chiarezza sola ti pu disporre a veder Cristo. Io vidi sopra lei tanta allegrezza piover, portata ne le menti sante create a trasvolar per quella altezza, che quantunque io avea visto davante, di tanta ammirazion non mi sospese, n mi mostr di Dio tanto sembiante; e quello amor che primo l discese, cantando Ave, Maria, grata plena, dinanzi a lei le sue ali distese. Rispuose a la divina cantilena da tutte parti la beata corte, s chogne vista sen f pi serena. O santo padre, che per me comporte lesser qua gi, lasciando il dolce loco nel qual tu siedi per etterna sorte, qual quell angel che con tanto gioco guarda ne li occhi la nostra regina, innamorato s che par di foco?. Cos ricorsi ancora a la dottrina di colui chabbelliva di Maria, come del sole stella mattutina. Ed elli a me: Baldezza e leggiadria quant esser puote in angelo e in alma, tutta in lui; e s volem che sia, perch elli quelli che port la palma giuso a Maria, quando l Figliuol di Dio carcar si volse de la nostra salma. Ma vieni omai con li occhi s com io andr parlando, e nota i gran patrici di questo imperio giustissimo e pio. Quei due che seggon l s pi felici per esser propinquissimi ad Agusta, son desta rosa quasi due radici: colui che da sinistra le saggiusta il padre per lo cui ardito gusto lumana specie tanto amaro gusta; dal destro vedi quel padre vetusto di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi raccomand di questo fior venusto. E quei che vide tutti i tempi gravi, pria che morisse, de la bella sposa che sacquist con la lancia e coi clavi, siede lungh esso, e lungo laltro posa quel duca sotto cui visse di manna la gente ingrata, mobile e retrosa. Di contr a Pietro vedi sedere Anna, tanto contenta di mirar sua figlia, che non move occhio per cantare osanna; e contro al maggior padre di famiglia siede Lucia, che mosse la tua donna quando chinavi, a rovinar, le ciglia. Ma perch l tempo fugge che tassonna, qui farem punto, come buon sartore che com elli ha del panno fa la gonna; e drizzeremo li occhi al primo amore, s che, guardando verso lui, pentri quant possibil per lo suo fulgore. Veramente, ne forse tu tarretri movendo lali tue, credendo oltrarti, orando grazia conven che simpetri grazia da quella che puote aiutarti; e tu mi seguirai con laffezione, s che dal dicer mio lo cor non parti. E cominci questa santa orazione: Paradiso Canto XXXIII Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta pi che creatura, termine fisso detterno consiglio, tu se colei che lumana natura nobilitasti s, che l suo fattore non disdegn di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese lamore, per lo cui caldo ne letterna pace cos germinato questo fiore. Qui se a noi meridana face di caritate, e giuso, intra mortali, se di speranza fontana vivace. Donna, se tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disanza vuol volar sanz ali. La tua benignit non pur soccorre a chi domanda, ma molte fate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te saduna quantunque in creatura di bontate. Or questi, che da linfima lacuna de luniverso infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una, supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi pi alto verso lultima salute. E io, che mai per mio veder non arsi pi chi fo per lo suo, tutti miei prieghi ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perch tu ogne nube li disleghi di sua mortalit co prieghi tuoi, s che l sommo piacer li si dispieghi. Ancor ti priego, regina, che puoi ci che tu vuoli, che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi. Vinca tua guardia i movimenti umani: vedi Beatrice con quanti beati per li miei prieghi ti chiudon le mani!. Li occhi da Dio diletti e venerati, fissi ne lorator, ne dimostraro quanto i devoti prieghi le son grati; indi a letterno lume saddrizzaro, nel qual non si dee creder che sinvii per creatura locchio tanto chiaro. E io chal fine di tutt i disii appropinquava, s com io dovea, lardor del desiderio in me finii. Bernardo maccennava, e sorridea, perch io guardassi suso; ma io era gi per me stesso tal qual ei volea: ch la mia vista, venendo sincera, e pi e pi intrava per lo raggio de lalta luce che da s vera. Da quinci innanzi il mio veder fu maggio che l parlar mostra, cha tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio. Qual coli che sognando vede, che dopo l sogno la passione impressa rimane, e laltro a la mente non riede, cotal son io, ch quasi tutta cessa mia visone, e ancor mi distilla nel core il dolce che nacque da essa. Cos la neve al sol si disigilla; cos al vento ne le foglie levi si perdea la sentenza di Sibilla. O somma luce che tanto ti levi da concetti mortali, a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, chuna favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente; ch, per tornare alquanto a mia memoria e per sonare un poco in questi versi, pi si conceper di tua vittoria. Io credo, per lacume chio soffersi del vivo raggio, chi sarei smarrito, se li occhi miei da lui fossero aversi. E mi ricorda chio fui pi ardito per questo a sostener, tanto chi giunsi laspetto mio col valore infinito. Oh abbondante grazia ond io presunsi ficcar lo viso per la luce etterna, tanto che la veduta vi consunsi! Nel suo profondo vidi che sinterna, legato con amore in un volume, ci che per luniverso si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo che ci chi dico un semplice lume. La forma universal di questo nodo credo chi vidi, perch pi di largo, dicendo questo, mi sento chi godo. Un punto solo mՏ maggior letargo che venticinque secoli a la mpresa che f Nettuno ammirar lombra dArgo. Cos la mente mia, tutta sospesa, mirava fissa, immobile e attenta, e sempre di mirar faceasi accesa. A quella luce cotal si diventa, che volgersi da lei per altro aspetto impossibil che mai si consenta; per che l ben, chՏ del volere obietto, tutto saccoglie in lei, e fuor di quella defettivo ci chՏ l perfetto. Omai sar pi corta mia favella, pur a quel chio ricordo, che dun fante che bagni ancor la lingua a la mammella. Non perch pi chun semplice sembiante fosse nel vivo lume chio mirava, che tal sempre qual sera davante; ma per la vista che savvalorava in me guardando, una sola parvenza, mutandom io, a me si travagliava. Ne la profonda e chiara sussistenza de lalto lume parvermi tre giri di tre colori e duna contenenza; e lun da laltro come iri da iri parea reflesso, e l terzo parea foco che quinci e quindi igualmente si spiri. Oh quanto corto il dire e come fioco al mio concetto! e questo, a quel chi vidi, tanto, che non basta a dicer poco. O luce etterna che sola in te sidi, sola tintendi, e da te intelletta e intendente te ami e arridi! Quella circulazion che s concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da s, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che l mio viso in lei tutto era messo. Qual l geomtra che tutto saffige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond elli indige, tal era io a quella vista nova: veder voleva come si convenne limago al cerchio e come vi sindova; ma non eran da ci le proprie penne: se non che la mia mente fu percossa da un fulgore in che sua voglia venne. A lalta fantasia qui manc possa; ma gi volgeva il mio disio e l velle, s come rota chigualmente mossa, lamor che move il sole e laltre stelle. - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - TAVOLA DEI CARATTERI SPECIALI TABLE OF SPECIAL CHARACTERS = a grave = e grave = i grave = o grave = u grave = e acute = o acute = a uml = e uml = i uml = o uml = u uml = E grave = E uml = I uml = left angle quotation mark = right angle quotation mark = left double quotation mark = right double quotation mark = left single quotation mark = right single quotation mark = em dash = middot . . . = ellipsis - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - TESTO TRATTO DA TEXT ADAPTED FROM Dante Alighieri. La Commedia secondo lantica vulgata a cura di Giorgio Petrocchi. Edizione Nazionale della Societ Dantesca Italiana Milano: Arnoldo Mondadori Editore, 1966-7.